Il mantra di Berlusconi per battere i grillini alle regionali: “Stare uniti”

Di Mario Barresi / 18 Aprile 2017

Catania. La vittoria dei grillini come una minacciosa teglia in forno. Con le patate già dentro.
Silvio Berlusconi, dopo i 5 agnellini pasquali, vorrebbe salvare anche il centrodestra dalla strage dei 5 stelle.
In Sicilia, prima di tutto. Più per coincidenza di date che per affinità elettive. Anche perché, ha detto il Cavaliere a chi l’ha incontrato prima delle feste, «capire la politica siciliana è sempre complicato». Eppure un’idea, ad Arcore, sembra chiara: «In Sicilia niente ammucchiate contro Grillo», proprio perché – racconta chi l’ha sentito sull’argomento – Berlusconi è convinto che «una cosa sono le eventuali alleanze a Roma dopo il voto» e tutt’altra cosa sarebbe «presentarsi alle urne col Pd contro i 5stelle, rischiando di avvantaggiarli».

Fra poco – non pochissimo, però – sarà il momento delle scelte per l’Isola. Condizionate molto – anzi, moltissimo – dall’ultimo sondaggio di Pagnoncelli pubblicato sul Corriere della Sera: alle Politiche il centrodestra unito oggi sarebbe al 31,2%, batterebbe sia il M5s (30,7%) sia il Pd (27,6%).

Eppure Forza Italia, accreditata da Demopolis di un robusto 17% alla Camera nell’Isola, s’è tirata fuori dalle primarie («Chiamatele almeno gazebarie, così non si confondono con quelle di Renzi», aveva abbozzato il Cav.), lasciando il cerino acceso in mano agli alleati. Il leader di Forza Italia, sempre in sintonia con il commissario siciliano Gianfranco Micciché («sta facendo un ottimo lavoro, è in gran forma», dice sul protagonista del 61-0), adesso però pensa a un compromesso. Che non è una marcia indietro rispetto alla rottura sulle primarie, ma una nuova idea.

«Il presidente Berlusconi – ricorda Marco Falcone, capogruppo di Forza Italia all’Ars – sostiene, oggi più che mai, una linea unitaria e identitaria del centrodestra, dalle Amministrative alle Regionali, fino alle Politiche».

Ma come si può ricucire lo strappo con gli orfani delle primarie? Il “predestinato” Nello Musumeci, ma anche il salviniano Angelo Attaguile, l’autonomista Gaetano Armao e il forzista autonomo Enzo Gibiino continuano a fare strada assieme. Il 23 niente gazebo, ma loro sono forti del numero di firme raccolte (quasi 100mila, metà delle quali da #DiventeràBellissima) e intenzionati ad andare avanti. Giovedì scorso, nella segreteria catanese di Attaguile, i quattro (ex) candidati si sono rivisti. Concordando un percorso comune: prima il programma e poi il nome. «Qui abbiamo tutti pari dignità», continua a ripetere Musumeci. Non a caso giovedì verrà pure Matteo Salvini per sostenere la causa di Attaguile. Doveva essere un comizio per le primarie, diventa una presenza simbolica per lanciare un messaggio: la partita siciliana la giochiamo assieme. Anche a costo di digerire un paio di presenze nell’alleanza: quella, evidente, del diversamente forzista Stefano Parisi, fan di Musumeci; e quella, immanente, di Raffaele Lombardo, evocato, dopo la quasi-assoluzione, dai ringalluzziti sostenitori di Armao.

Una conventio ad includendum. Questa, d’ora in poi, sarà la strategia dei lealisti delle primarie. Aggiungere pezzi. Partendo da Fratelli d’Italia, che pensa a una lista unica con Noi con Salvini alle Regionali. Giorgia Meloni, nell’ultimo incontro con Berlusconi ha «parlato anche della situazione siciliana», raccontano i suoi, usando «argomenti molto convincenti». In settimana, forse giovedì (lo stesso giorno del blitz di Salvini) a Catania dovrebbe convergere anche Ignazio La Russa, in compagnia di Francesco Lollobrigida, cognato e ascoltato spin doctor di Meloni. FdI dovrebbe fra poco sedersi al «tavolo in cui non c’è nessuno a capotavola», di cui parla Musumeci. E a questo punto il potere contrattuale sugli alleati si accrescerebbe.

«Il dialogo con gli alleati – aggiunge Falcone, uno dei pontieri in servizio permanente effettivo – non s’è mai interrotto. E sono in molti, nel nostro partito, pronti a ribellarsi contro gli infiltrati che, dopo essere stati con Crocetta e il Pd, vorrebbero rifarsi una verginità politica con noi». Insomma: no alla candidatura trasversale, dai dem ai forzisti, di Roberto Lagalla (come anche Micciché ha detto, quasi sottovoce), il che significa no al Partito della Regione teorizzato da Totò Cuffaro.

Come faranno i puristi del centrodestra a sterilizzare le sirene inciuciste? Con un tam-tam fra i leader nazionali (qualcuno ha già parlato pure con Lorenzo Cesa) sul nodo Sicilia. Incrociando le dita per le Amministrative di Palermo, dove un flop di Fabrizio Ferrandelli sarebbe ancor più decisivo di un boom.
E c’è già una soluzione per quello che rimane il vero problema: la scelta del candidato. «Sarebbero state meglio le primarie, ma se vogliamo una buona dose di legittimazione dell’elettorato – rivela Falcone – si può pensare a sondaggi dei principali istituti demoscopici nazionali». Giusto per testare, magari a giugno, la popolarità del già «candidato a prescindere» Musumeci e degli altri. Compreso «un nome, che però sia davvero forte e autorevole» proposto da Forza Italia.
Twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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