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I bar riciclavano i soldi sporchi della mafia: così è stato arrestato il nuovo cassiere dei clan

Di Lara Sirignano |

PALERMO – Tra Cosa nostra e il padre aveva scelto Cosa nostra. La «famiglia» mafiosa invece di quella di sangue. E quando il padre decise di saltare il fosso e collaborare con la giustizia, per convincerlo a ripensarci mise in scena, invano, un finto sequestro. Raffaele Favaloro, 52 anni, figlio di Marco, killer reo confesso dell’imprenditore Libero Grassi non ha mai rinnegato il clan. «Solo i Madonia» possono decidere di me, sosteneva, non sapendo di essere intercettato, mostrando totale sottomissione ai padrini di Resuttana. I Finanzieri l’hanno arrestato oggi per associazione mafiosa, ricettazione ed estorsione insieme ad altre 27 persone: a quattro, tra cui un avvocato, sono stati concessi i domiciliari. Per 19 indagati, molti dei quali teste di legno dei boss, è stato disposto il divieto di dimora a Palermo.

Il blitz, scattato dopo una lunga inchiesta della Dda, è un colpo al cuore economico dei «mandamenti» di Resuttana e Porta Nuova, clan ricchi della città. Decine le attività commerciali sequestrate: tutte intestate a dei prestanome e usate per ripulire denaro sporco. A gestire la rete del riciclaggio era Giuseppe Corona, con Favaloro personaggio di primo piano dell’indagine. Nel 2002 aveva finito di scontare una condanna a 17 anni per omicidio. Uscito di galera, lui figlio di un boss ucciso, ha cominciato a tessere i rapporti «giusti». E per i clan è diventato punto di riferimento essenziale.

Formalmente cassiere nel bar del cognato, la Caffetteria Aurora, è il vero titolare di decine di bar e tabacchi della città. Attività che producevano denaro e ripulivano fiumi di soldi incassati con il traffico di droga e le estorsioni, lavatrici che mettevano in circolo centinaia di migliaia di euro rendendo difficilissimo risalire all’origine dei primi investimenti.

A Corona i pm di Palermo, guidati dal procuratore Francesco Lo Voi, contestano l’associazione mafiosa, il riciclaggio, l’autoriciclaggio e il traffico di droga.

Sulla pagina Fb della caffetteria aveva postato una foto del giorno in cui il leader dei 5Stelle Luigi Di Maio e il deputato grillino all’Ars Giancarlo Cancellieri erano andati nel locale a prendere un caffé. «Nella foto il mafioso Giuseppe Corona non c’è. La mafia, dalle intercettazioni si evince, non sta con noi, noi siamo inavvicinabili. Non permetto a nessuno di diffamare la mia immagine quella di Di Maio e quella del M5s», specifica Cancelleri. E in Procura precisano che l’episodio non ha alcun rilievo nell’indagine.

«Io sono per la criminalità», diceva Favaloro spiegando alla moglie che se lei avesse avuto legami con le forze dell’ordine non l’avrebbe mai sposata. Per anni ha gestito il racket per conto della famiglia mafiosa de Madonia. Violento, senza scrupoli, i pentiti dicono che, attraverso un Compro Oro, ricettasse preziosi rubati.

Il suo rapporto con la consorte entra nell’inchiesta perché, su consiglio del penalista Nico Riccobene, finito ai domiciliari per concorso in intestazione fittizia di beni, il mafioso decise di separarsi dopo aver intestato alcune attività alla donna, pensando così di sottrarle a possibili sequestri. A consigliargli la strada fu proprio il legale. «Ti voglio dire questo che il mio intervento è solamente amichevole, non c’è altro ah, attenzione», diceva l’avvocato a Favaloro. 

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