PALERMO – Il GIP del Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, ha disposto nove misure cautelari, eseguite dai carabinieri, nei confronti di persone accusate a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato in concorso e frode in competizioni sportive. Per otto è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per uno i domiciliari. L’inchiesta, denominata convenzionalmente «Corsa Nostra», ha accertato come la mafia controllasse l’ippodromo di Palermo.
L’inchiesta, che ha riguardato fantini, tra cui una giovane donna, titolari di scuderie e allenatori, ha svelato un sistema di gare truccate gestite da Cosa nostra che decideva quale cavallo dovesse vincere e intascava i soldi delle scommesse. In carcere sono stati condotti: Natale Cintura, 53 anni, Massimiliano Gibbisi, 48, Giuseppe Greco, 62, Salvatore La Gala, 66, Giovanni La Rosa, 66, Giovanni Niosi, 64, Antonino Porzio, 57, Domenico Zanca, 48. Ai domiciliari è finita Gloria Zuccaro, 38 anni. Sono stati sequestrati i cavalli “Ronny Alter” della scuderia di Gloria Zuccaro e “Rarissima Slid sm” e “Salice del Rum” della scuderia di Giuseppe Greco.
Gli interessi della mafia sull’ippodromo di Palermo erano emersi già in una indagine della dda che, nei mesi scorsi, portò all’arresto, tra gli altri, del boss di San Lorenzo Giovanni Niosi. I carabinieri, intercettando il capomafia, accertarono i suoi rapporti con alcuni personaggi molto conosciuti nel mondo dell’ippica a Palermo, come Giuseppe Greco, che avrebbe accompagnato più volte Niosi a summit di mafia, Domenico Zanca e la giovane fantina Gloria Zuccaro, tutti arrestati oggi dai carabinieri.
«Cosa nostra esercitava sull’ippodromo un controllo pressoché totale. I proventi delle vincite delle scommesse erano destinati a confluire nelle casse dell’associazione mafiosa ed essere distribuiti. Così pure era chiaro che le intestazioni fraudolente dei cavalli corrispondevano non tanto all’interesse del singolo proprietario ma ad una precisa utilità delle famiglie mafiose che su quei cavalli e su quei fantini finivano per concentrare le puntate». Lo scrive il gip di Palermo nel provvedimento che oggi ha disposto l’arresto di nove persone coinvolte nell’inchiesta sugli interessi mafiosi sull’ippodromo di Palermo.
Un ‘amorè, quello dei boss per i cavalli, che i pentiti raccontano dagli anni ’90 e che è stato confermato nei mesi scorsi dall’inchiesta Talea, che ha disarticolato i clan di San Lorenzo e Resuttana. Collaboratori di giustizia di vecchia data come Onorato, più recentemente Pasta, Graziano, Macaluso, Vitale e Galatolo hanno disvelato gli interessi delle cosche sull’ippodromo raccontando le richieste di pizzo a cui i gestori erano sottoposti (ce ne è traccia ad esempio nei pizzini sequestrati al capomafia Salvatore Lo Piccolo) e il meccanismo delle corse truccate che vedeva coinvolti anche allenatori e fantini. La mafia non solo taglieggiava i gestori della struttura, chiedendo una percentuale del volume d’affari dell’ippodromo che arrivava anche a quattromila euro al mese, ma manipolava le corse guadagnando sulle scommesse.