Palermo – Svolta nell’inchiesta sull’uccisione dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, in stato di gravidanza all’epoca dei fatti. Il procuratore generale Roberto Scarpinato ha inviato un avviso di chiusura indagine, che prelude a una richiesta di rinvio a giudizio per i boss Nino Madonia e Gaetano Scotto e per Francesco Paolo Rizzuto, amico della vittima, quest’ultimo indagato per favoreggiamento.
Agostino e la moglie furono assassinati davanti alla loro casa di villeggiatura a Viallagrazia di Carini la sera del 5 agosto 1989. In questi 31 anni l’inchiesta si è dovuta confrontare con molte ombre e con tentativi di depistaggio contro i quali si è battuto il padre di Nino, Vincenzo Agostino. L’avviso di chiusura indagini è per il sindaco Leoluca Orlando “una fioca luce in fondo a un lungo e triste tunnel lungo 31 anni”.
L’inchiesta sull’uccisione, 31 anni fa, dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio non è mai riuscita a illuminare il fosco scenario dell’agguato. Gli investigatori si sono trovati di fronte a possibili depistaggi e a interventi fuorvianti di altri pezzi delle istituzioni. A lungo è stata passata al setaccio la figura di un poliziotto legato ai servizi segreti, Giovanni Aiello, conosciuto come «faccia da mostro» per una cicatrice al volto e morto nel 2017. Era sospettato, anche su indicazione del padre di Agostino, di avere avuto un ruolo ambiguo sulla scena del delitto. Avrebbe cercato Nino Agostino una settimana prima del delitto. Un altro poliziotto, Guido Paolilli, è stato indagato (la posizione è stata poi archiviata) per favoreggiamento in seguito alla scomparsa di carte e appunti della vittima acquisiti nei frenetici momenti seguiti all’agguato. Secondo il gip Maria Pino, avrebbe contribuito alla «negativa alterazione del contesto» dell’omicidio.
Nino Agostino si occupava, tra l’altro, della caccia ai latitanti. In qualche passaggio dell’inchiesta emerge la sua presenza sulla scogliera dell’Addaura, nel giugno 1989, dopo la scoperta di una bomba destinata al giudice Giovanni Falcone.
A lungo la famiglia Agostino ha cercato di spingere le indagini lungo la pista dei depistaggi. Il padre Vincenzo si è fatto crescere la barba. La moglie Augusta Schiera, morta l’anno scorso, aveva detto: «Voglio che sulla mia tomba si scriva: qui giace una madre in attesa di giustizia».