PALERMO – La classifica pubblicata dal Sole 24 Ore contiene «dati superati e messaggi fuorvianti». E’ la valutazione del rettore dell’università di Palermo, Fabrizio Micari, per il quale il suo ateneo non merita di occupare il cinquantacinquesimo posto su 61. «La classifica – osserva – contiene valutazioni sulla ricerca e della didattica. Ma non si tratta di dati aggiornati. Per quanto riguarda la ricerca il giornale utilizza quelli del periodo 2004-2010 e trascura stranamente quelli del periodo 2011-2014 resi noti alla vigilia di Natale dall’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione dell’università e della ricerca. E’ accertato che le università meridionali sono risalite e quella di Palermo ha ottenuto una progressione del 9 per cento. Mi chiedo che senso ha citare ancora dati vecchi».
Anche sulla didattica la classifica contiene, a giudizio di Micari, «elementi fuorvianti». Palermo ottiene un buon piazzamento (parte alta della classifica) rispetto agli indicatori sulla qualità della didattica: velocità del percorso formativo, crediti, dispersione, internalizzazione, valutazione degli studenti. Viene invece penalizzata da altri tre indicatori: attrattività, occupazione, borse di studio. «Ma l’attrattività – aggiunge Micari – è condizionata dalla posizione geografica. E non a caso se la passano male le università isolane di Palermo, Catania, Cagliari e Sassari. Solo Messina sta meglio perché opera in una realtà interregionale». L’occupazione dipende dalle condizioni del mercato del lavoro, che al Sud è arretrato, e le borse di studio sono finanziate dalla Regione (“che ora sta rivedendo l’entità degli stanziamenti”). Stando così le cose, secondo Micali, i giudizi e le classifiche vanno riformulati anche se la discussione sul valore delle università mantiene il «valore di uno stimolo».