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“Caso” Corleone, Di Maio furioso con candidato sindaco: «Voti mafia non li vogliamo»

Di Redazione |

CORLEONE (PALERMO) –  Il sogno dei 5stelle di conquistare il comune di Corleone, dove si voterà domenica prossima dopo due anni di commissariamento per mafia, crolla di colpo. Di Maio annuncia che toglierà il simbolo a chiunque verrò eletto. Il progetto pentastellato s’infrange di fronte a una foto: l’immagine immortala il candidato sindaco Maurizio Pascucci con Salvatore, marito di una nipote del boss defunto Bernardo Provenzano. E’ stata scattata nel bar York, gestito proprio da Salvatore e dalla sua famiglia. Non una foto improvvisata ma concordata da Pascucci col deputato M5s di riferimento del territorio, Giuseppe Chiazzese, e con il meetup di Corleone. Una scelta motivata per rispondere alle accuse fatte dagli avversarsi di fare antimafia giustizialista e a Pascucci di avere suggerito ai volontari nei campi di Libera di non prendere nemmeno un bicchier d’acqua nei negozi dei parenti dei mafiosi. Perché, questa è la posizione ribadita da Pascucci e Chiazzese: «se ci sono parenti di mafiosi condannati che prendono le distanze dai propri congiunti non è giusto che siano esclusi per tutta la vita dalla comunità: con loro si può aprire un dialogo».

Una foto e una motivazione che scatenano la durissima reazione di Luigi Di Maio. A due ore dal comizio in piazza, il leader politico del M5s in un post su Fb annulla la sua partecipazione e qualche ora dopo, in un altro post, chiede ai probiviri di espellere Pascucci dal M5s. Insomma, fine della corsa. «Lo Stato deve stare attento a non avvicinarsi mai, neppure con la propria immagine, a quella gente», afferma il vicepremier. «Le famiglie che meritano dialogo e vicinanza sono quelle delle vittime della mafia, quelle che hanno subito un lutto per mano dei mafiosi. Quelle sono le famiglie a cui volgiamo bene», mette in chiaro Di Maio che continua: «Andremo avanti nella lotta alla criminalità organizzata che si combatte con la lotta alla corruzione, proprio come abbiamo fatto con il ddl anticorruzione». Secondo Di Maio la «buona fede» comunque non giustifica il gesto che «non si può accettare: una foto comunica qualcosa anche involontariamente. Noi i voti di quello lì non li vogliamo e non corriamo il rischio che un ministro della Repubblica vada lì dopo tutto questo».

Di Maio si sarebbe aspettato non solo le scuse, ma un passo indietro di Pascucci. Che non c’è stato. Anzi, il candidato, dopo un tentennamento iniziale e una riunione con il deputato Chiazzese e il meetup, ha deciso di presentarsi al comizio in piazza dove ha spiegato le ragioni del gesto. «Siamo andati in quel bar proprio per dimostrare che noi siamo inclusivi, per prenderci il caffè… quel signore si è dissociato dal boss, prendendone le distanze. Dobbiamo fare un’opera di inclusione. Noi non li vogliamo i voti dei mafiosi e nessuno ha dubbi sull’antimafia di Pascucci». Ma Di Maio è perentorio: «Questo non è un comportamento da M5s e come tale deve essere sanzionato immediatamente, qualora qualcuno della lista fosse eletto gli verrà subito ritirato il simbolo».

Linea dura che uno dei protagonisti, lo stesso titolare del bar York e marito della nipote del boss defunto, proprio non manda giù: «Mi alzo alle 5 con mia moglie per aprire il bar. Ma Di Maio che ne sa? Perché non veniva qui? Io lavoro e basta. Siamo brava gente, non abbiamo nulla a che fare con altro», puntualizza con l’ANSA.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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