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Carmen Russo sfrattata da locali scuola di danza a Palermo per morosità

La soubrette, tra i partecipanti del Grande Fratello Vip, aveva aperto in Sicilia, insieme al marito, l’accademia di danza classica e moderna Energy Dance

Di Redazione |

La soubrette Carmen Russo che col marito Enzo Paolo Turchi aveva aperto l’accademia di danza classica e moderna Energy Dance, in via Resuttana a Palermo, ha ricevuto la sentenza di sfratto dalla sezione civile del tribunale monocratico di Palermo. L’Immobil Sud Resuttana srl, proprietaria dell’immobile che ospita la scuola di ballo, rappresentata dall’avvocato Giampiero Saverino, aveva chiesto la risoluzione del contratto, stipulato nel 2014, per morosità. Ora il tribunale ha condannato Carmen Russo, (che sta partecipando come concorrente al Grande fratello Vip su Canale 5) all’immediato rilascio dell’immobile e al pagamento, in favore dell’immobiliare di 4.160,50, euro di cui 4.015,00 oltre Iva, C.p.a. e spese generali, per compensi, e 145,50 euro per spese vive, a titolo di rifusione delle spese di lite. La celebre coppia non ha pagato l’affitto da marzo 2020 al marzo 2021 (tranne settembre 2020) perchè l’accademia di danza era chiusa a causa della pandemia da covid. 

Carmen Russo motivando con l’emergenza sanitaria si era opposta alla convalida dello sfratto. Il tribunale rileva che "la conduttrice non ha più effettuato pagamento alcuno, e ciò neppure in seguito alla consentita riapertura, a decorrere dal giugno 2021, delle palestre e delle piscine". L’Immobil Sud che dovrebbe avere circa 30 mila euro per canoni d’affitto arretrati, ha richiesto il pagamento con un altro decreto ingiuntivo. Sulla causa che ha portato al mancato pagamento dell’affitto attribuita alle ordinanze per il covid che non consentivano le lezioni – secondo la coppia di ballerini -, il Tribunale ritiene che «le misure restrittive adottate dall’Autorità non possano in alcun modo legittimare comportamenti, quali quello odierno, di totale sospensione del pagamento del canone da parte del conduttore. E ciò, neppure quando l’attività esercitata nei locali locati sia stata, come occorre nel caso di specie, totalmente inibita. 

«In secondo luogo – scrive il giudice – ove per l’ipotesi in esame si dovesse ammettere – come altresì indicato dalla conduttrice – l’applicabilità dei rimedi dettati dall’ordinamento per far fronte alla sopravvenuta impossibilità della prestazione (conclusione, peraltro, non pacifica), il Tribunale osserva, che – nel caso di impossibilità totale – il conduttore dovrebbe comunque restituire il bene e – nel caso di impossibilità parziale – egli potrebbe soltanto pretendere una riduzione della prestazione da lui dovuta, con esclusione, quindi, di qualsiasi pretesa volta a permanere nel godimento dei locali locati senza più corrispondere il canone».    COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA