Berlusconi teste a Palermo al processo sulla trattativa Stato-mafia

Di Redazione / 11 Novembre 2019

PALERMO – L’ex premier Silvio Berlusconi è arrivato nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo per deporre davanti alla Corte d’Assise d’Appello che celebra il processo di secondo grado sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Citato dai legali dell’imputato Marcello Dell’Utri, deve essere sentito come testimone assistito, ma il Cavaliere si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’ex presidente del Consiglio ha negato anche il permesso di farsi riprendere e fotografare in aula.

Berlusconi era stato convocato come teste assistito- status che gli garantisce la facoltà di non rispondere – perché indagato a Firenze per le stragi mafiose del 1993. Secondo quanto stabilito dalla corte nell’ordinanza che ne ha disposto la citazione, dovrebbe riferire su ‘quanto sa a proposito delle minacce mafiose subite dal governo da lui presieduto nel 1994 mentre era premier’. La richiesta di citare a deporre l’ex premier è stata fatta dall’avvocato Francesco Centonze, legale di dell’Utri, ex senatore di Fi condannato in primo grado a 12 anni per minaccia a Corpo politico dello Stato, nell’atto di impugnazione della sentenza. Berlusconi che le motivazioni del primo verdetto dipingono come vittima della minaccia stragista rivolta da Cosa nostra allo Stato, per il tramite di Dell’Utri, non è mai stato sentito in aula, nè in fase d’indagine. Una circostanza che, secondo il legale, andrebbe sanata essendo l’esame di Berlusconi ‘una logica conseguenza dalla qualifica di persona offesa attribuita al medesimo nella sentenza impugnata in quanto destinatario finale della “pressione o dei tentativi di pressione” di Cosa nostra.

La difesa di Marcello Dell’Utri aveva chiesto di proiettare in aula, prima della deposizione dell’ex premier Silvio Berlusconi prevista per oggi, una video intervista dell’ex Presidente del Consiglio in cui, dopo il verdetto di primo grado, dichiarava che il suo Governo non aveva mai ricevuto minacce mafiose. La Procura generale si è opposta alla richiesta: «questa è un’aula di giustizia, non uno studio televisivo» ha detto il pg Giuseppe Fici. La corte si è ritirata in camera di consiglio per decidere.

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