Palermo
Antoci su accuse alla moglie di parentele mafiose: è una vergogna!
Palermo – «Vergogna! Sapevo che la minaccia non sarebbe arrivata solo dalla mafia. Aver fatto saltare interessi ed equilibri economici e politici fa impazzire di rabbia tanti personaggi. Il “mascariamento” è partito subito, come sempre; è avvenuto a tanti altri prima e più autorevoli di me. Sono rimasto in silenzio, ho tollerato, ho sopportato con la forza di chi è a posto con la propria coscienza. Oggi si raggiunge l’apice. Il “mascariamento” e la macchina del fango si vogliono utilizzare addirittura contro mia moglie, come se non bastasse quello che sta già passando insieme a me e alle mie figlie». Lo dice il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, commentando la notizia comparsa on line sulla presunta parentela della moglie con una famiglia mafiosa.
«E’ una bugia messa in rete ad arte e con cattiveria. Chiarisco subito: mia moglie non ha nessuna parentela, neanche alla lontanissima, con la famiglia mafiosa dei Rampulla di Mistretta. Nessun legame. Zero e ancora zero. Tutto pura invenzione sfruttando un’omonimia. A questo punto – aggiunge – denuncio e ancora Denuncio. Dovranno rispondere e pagare per questa squallida infamia. La mafia mi voleva togliere la vita, adesso mi si vuole sporcare l’anima. Reagirò e combatterò con tutte le mie forze anche contro questo sporco e lurido tentativo. Vogliono fermarmi, ma andrò avanti e fino in fondo».
«E’ una mera operazione di “mascariamento” (calunnia ndr), quella operata contro Giuseppe Antoci, una persona esposta in prima linea, che rischia seriamente la vita e compie atti concreti contro la mafia. Non sono riusciti ad ucciderlo con l’attentato e, adesso, non so con quanta consapevolezza, c’è chi lo vuole demolire sul piano morale». Lo dice il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta riferendosi al presidente del parco dei Nebrodi vittima nel maggio scorso di un agguato mentre si trovava nella sua auto.
«E’ un’azione – aggiunge Crocetta – questa, avviata sin dai primi giorni dopo l’attentato, quando qualcuno sosteneva che i colpi erano stati tirati in basso, come se nel cuore della notte, al buio, si potevano centrare perfettamente gli obiettivi, come se coloro che sparano non sanno molto bene che quando si è oggetto di un attentato la prima cosa fa la persona, è buttarsi al di sotto del sedile della macchina, come se qualcuno non si fosse studiato neppure la dinamica dell’attentato che era basata sul fatto di fermare la macchina, sparare all’altezza delle ruote per impedire che l’auto si potesse muovere e successivamente incendiarla».
«Ma questi sono dettagli tecnici che non ci interessano, fanno parte del lavoro degli investigatori – conclude – . Quello che colpisce, è che alcuni signori non sentano il bisogno di attaccare i mafiosi, che ammazzano, estorcono. No, il bisogno principale è colpire l’antimafia. Antoci ha querelato i diffamatori e io sono convinto che anche in questo caso ci sarà giustizia. Solo che le sentenze arrivano dopo, nel frattempo oltre al dolore di Antoci, dei suoi familiari per la crudeltà dell’attentato, si aggiunge la grande sofferenza generata dall’azione diffamatrice. Coraggio Giuseppe, i siciliani onesti sono con te».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA