«Dario chiedi a papà se preferisce che Aurora venga assunta contrattualmente da Zaklada o da European education. Bisogna versarle lo stipendio. Giusto per capire se devo provvedere io come Zaklada o no. In tutto questo non è ancora stato versato lo stipendio mio e di papà del mese di settembre perché sul conto abbiamo 17.000 quindi rimarremmo senza soldi se versassi il nostro stipendio». È uno dei messaggi che Giuliana Messina, figlia del fondatore dell’università Jean Monnet, finita sotto inchiesta per le lauree fantasma, ha inviato al fratello, non sapendo di essere intercettata. Entrambi, insieme al padre, sono indagati per una evasione fiscale che oggi ha portato a un sequestro di 3,5 milioni. L’Ateneo, gestito da una fondazione bosniaca, non avrebbe versato le rette incassate, evadendo le tasse. «Dal suo conto poi prendi 25.000 e li mandi a Zaklada», rispondeva Dario Messina.
«Dico tu ti rendi conto che è sempre tutto in casino?», obiettava la sorella. La conversazione, secondo gli inquirenti, dimostrerebbe «come la persona giuridica estera sia artificiosa ossia in concreto priva di autonomia, rappresentando solo uno schermo attraverso il quale l’amministratore ha agito come effettivo titolare, sfruttando la fondazione (ed il Dipartimento di Studi Europei Jean Monnet, in tutto assimilabili) per promuovere attività di istruzione» sebbene già dal 2018 il Miur avesse diffidato l’Università internazionale di Gorazde, con cui la Jean Monnet era consorziata, di far cessare immediatamente ogni attività.