«I ricercatori, mediante l’utilizzo di un modello di cellule staminali, hanno ricreato la gerarchia cellulare della ghiandola tiroidea e parallelamente, attraverso un sistema di editing genetico, hanno identificato una piccola sottopopolazione cellulare, che in seguito all’accumulo di mutazioni genetiche è in grado di generare neoformazioni riconducibili alle differenti forme tumorali, inclusi i carcinomi tiroidei indifferenziati più aggressivi. Questo modello costituisce un sistema eccellente per studiare l’evoluzione della malattia e per sperimentare l’efficacia di nuovi farmaci». Lo dice il professore Giorgio Stassi del dipartimento di discipline chirurgiche oncologiche e stomatologiche dell’università di Palermo che col suo team ha fatto uno studio, scoprendo meccanismi che portano al tumore della tiroide, dal titolo «Recapitulatingthyroid cancer histotypes through engineering embryonic stem cells», che è stato pubblicato sulla rivista scientifica «Nature Communications».
«Il modello – aggiunge Stassi – ha contribuito a definire nuovi marcatori predittivi per la risposta alle terapie convenzionali e, soprattutto, hanno portato alla luce una potenziale strategia terapeutica per i carcinomi indifferenziati della tiroide contraddistinti da una elevata aggressività e da una sopravvivenza alla diagnosi di circa sei mesi». «Il progetto di ricerca svela l’origine genetica e cellulare dei tumori alla tiroide e apre le porte a nuove possibilità di terapia per i pazienti con malattia avanzata – spiega – Nell’attesa dei risultati delle sperimentazioni cliniche, questa scoperta rafforza l’opinione, sempre più diffusa, che lo studio dell’evoluzione tumorale rappresenti il futuro della ricerca sul cancro».
La ricerca, finanziata da Airc, ha definito gli eventi alla base della tumorigenesi tiroidea e, nello specifico, ha delineato i meccanismi molecolari responsabili dell’insorgenza dei diversi carcinomi tiroidei distinguibili per istologia e decorso clinico, dice l’Università.
La scoperta è il risultato di una collaborazione multidisciplinare tra l’equipe di Stassi (Veronica Veschi, Chiara Modica, Simone Di Franco, Miriam Gaggianesi e Sebastiano Di Bella) e il gruppo di ricerca della professoressa Matilde Todaro (Alice Turdo, Melania Lo Iacono e Laura Mangiapane) e della professoressa Maria Rita Bongiorno del Dipartimento Promise- Promozione della Salute, Materno-Infantile, di Medicina Interna e Specialistica di Eccellenza «G. D’Alessandro» di UniPa. Hanno inoltre contribuito il team dell’Istituto Oncologico del Mediterraneo di Viagrande, Catania (Lorenzo Memeo, Lorenzo Colarossi, Cristina Colarossi e Dario Giuffrida), il dottore Aroldo Rizzo dell’Azienda Ospedaliera «Cervello» di Palermo e i professori Antonino Belfiore e Paolo Vigneri dell’Università degli Studi di Catania.