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L'intervista

Salvo Pogliese: «FdI leale con Schifani. Sull’election day siamo in sintonia»

Il rapporto con Schifani e il "derby dei presidenti" sul Fsc. L'agenda di FdI alla Regione e la leadership del partito verso le Europee

Di Mario Barresi |

Senatore Pogliese, con Schifani avete fatto pace?

«Mai litigato con il presidente. Il rapporto è ottimo».

Il riferimento era al rapporto fra FdI e il governatore. Per il tonfo delle Province è andato su tutte le furie.

«Questa riforma era, e resta, un punto qualificante del programma di governo. E il presidente ci ha messo la faccia, venendo in aula. Quel voto è stato una delle pagine più tristi della lunga storia dell’Ars».

Alla fine l’“autopsia” dell’Ars ha chiarito la causa della morte del ddl: 13 coltellate dei franchi tiratori dell’intero centrodestra. Tutti colpevoli, nessun colpevole…

«Veramente, visto che anche qualche deputato d’opposizione avrebbe votato a favore, le coltellate sono di più, forse 15-16. Ma il punto è un altro: non è stato un voto contro Schifani e il suo governo. Ma una miscela esplosiva di ripicche e ritorsioni, a partire da quelle dei deputati che vedevano i futuri assessori e consiglieri provinciali come temibili competitor nel proprio collegio».

Magari sono lacrime patriote di coccodrillo…

«È una falsità. L’elezione diretta dei presidenti di Provincia in Sicilia parte da una legge del 1992 proposta dal Msi. E nella scorsa legislatura più volte Musumeci provò a ripristinare gli enti, massacrati da quella che proprio lei definì la “riforma Crocetta-Giletti”: dieci anni di commissariamenti da parte di burocrati a part time. Inoltre, all’Ars porta la mia firma, oltre che quella del compianto Lino Leanza, la legge che introdusse il voto diretto dei presidenti di circoscrizione. La destra siciliana è da sempre schierata per il suffragio popolare».

E adesso che si fa? Sulle elezioni di secondo grado non tutti gli alleati sono così impazienti. La Lega frena…

«Anche su questo nuovo scenario noi siamo chiari. Sfumata la riforma, bisogna sanare un’anomalia tutta siciliana: è giusto e doveroso indire elezioni di secondo livello fra settembre e novembre, nelle more che nel 2025 arrivi la legge nazionale che abrogherà la Delrio».

Ma prima l’election day: voi le Amministrative in Sicilia le volete assieme alle Europee per l’effetto-traino.

«Qualche alleato immaginava date diverse, ma sarebbe un insensato spreco di fondi. L’abbiamo detto al presidente Schifani: anche lui, come del resto Forza Italia, è dello stesso avviso. Sull’election day c’è sintonia».

C’è un dibattito sul terzo mandato. Lei che ne pensa?

«In FdI ci sono sensibilità diverse sul tema: la mia idea, a titolo personale, è che introdurlo per i sindaci dei comuni oltre i 15mila abitanti non sarebbe un’eresia. Cosa diversa, però, è lo stesso principio per i governatori».

Fra un po’ l’Ars chiuderà per campagna elettorale, poi arriverà l’estate. E il secondo anno di legislatura sarà archiviato con il vuoto legislativo del centrodestra.

«Non sarà così. L’agenda politica del nostro partito prevede alcune proposte qualificanti di cui abbiamo già discusso con il presidente Schifani. Ce n’è una a firma Savarino: un fondo per le giovani coppie per ristrutturare la prima casa. Un’idea che non è entrata nella manovra, ma che per noi rappresenta una priorità valoriale».

Anche salvare i seggi di tre dei vostri deputati regionali era una «priorità valoriale»?

«Era un percorso interpretativo di una legge che andrà comunque cambiata. La invito a riflettere sulla matrice: quella norma fu concepita da un blocco di deputati in carica, ci sono trabocchetti per chi entra all’Ars».

Galvagno dice che della salva-ineleggibili per ora non se ne fa più nulla: «Muoia Sansone con tutti i filistei».

«Condivido in pieno le parole del presidente dell’Ars».

E come giudica il corteggiamento di altri alleati di centrodestra ai vostri potenziali deputati subentranti?

«Ognuno fa i conti con la propria dignità. Restare nel partito in cui si è stati eletti è un valore per chi fa politica, così come lo è la lealtà fra alleati».

Anche la sanatoria delle case abusive sul mare, altro vostro cavallo di battaglia, è uscita dai radar dell’Ars. È vero che c’è stato l’alt dei vertici nazionali di FdI?

«La proposta è stata scorporata dalla riforma urbanistica. Anche qui la semplificazione giornalistica ha distorto l’opinione pubblica: la norma serve a equilibrare la situazione di chi è ingiustamente in un limbo».

Lo stesso limbo in cui sono le opere previste da Musumeci con risorse Fsc: Schifani non le vuole ripescare?

«Ho apprezzato la sensibilità del presidente, che ha accettato la nostra proposta di valutare bene il piano. Si può trovare un equilibrio: i territori vanno ascoltati, ma bisogna investire, come sta facendo il presidente Meloni, su opere strategiche. Le do alcuni dati: il Pil regionale è pari a 86 miliardi su base annua, quello pro capite è di 17.600 euro per ogni siciliano a fronte dei 44mila dei trentini e 42mila dei lombardi. I 100 miliardi che con questo governo arriveranno per le infrastrutture in Sicilia possono farci raggiungere un obiettivo incredibile: aumentare del 5 per cento il nostro Pil».

Veramente stavamo parlando dello scontro sul Fsc…

«Non è un problema fra Musumeci, che ha governato benissimo e che aveva prospettato alcuni progetti, e Schifani che legittimamente pensa a nuovi interventi. Obiettivamente 700 milioni sulle infrastrutture, al netto dei fondi del Ponte, sono pochi. Si può aumentare quella voce, così come turismo e beni culturali. Non c’è alcuno scontro, glielo assicuro. Sono necessarie solo alcune limature che si stanno facendo».

Complimenti per la capacità di equilibrismo nella Strisica di Gaza fra Schifani e Musumeci. Quest’ultimo, in un’intervista, ha invocato per il vostro partito un ruolo di «guida autorevole della coalizione» in Sicilia: FdI trainante e non a traino degli altri. L’ha letta come una critica ai coordinatori regionali?

«Assolutamente no. Il protagonismo di Fratelli d’Italia alla Regione è nelle cose: nell’attività parlamentare e nel peso politico. Tutto nel rispetto del ruolo di “regista” della coalizione, che spetta al presidente eletto».

Il ruolo regionale suo e di Cannella è in discussione?

«In Sicilia abbiamo il record nazionale di aumento di iscritti: più 420 per cento, ben 24.132 tessere. Un risultato apprezzato dai vertici di partito. A marzo c’è l’ultimo congresso provinciale a Ragusa, poi i territoriali. E stiamo preparando una lista fortissima per le Europee».

Chi candiderete nella circoscrizione Isole?

«Io auspico che ci sia Giorgia Meloni capolista in tutte le circoscrizioni. Poi, dando spazio a due nomi sardi, in Sicilia sceglieremo i migliori candidati possibili».

Chi sarà il catanese in lista? O ce ne sarà più di uno?

«Abbiamo l’imbarazzo della scelta, come ovunque».

Non sarà l’uscente Stancanelli, che ha ufficializzato il passo indietro: «Non mi vogliono, tolgo il disturbo»

«Raffaele rappresenta un pezzo importante della storia della destra siciliana, missina e post missina. È stato sempre coerente e la sua scelta personale non va commentata, ma rispettata».

m.barresi@lasicilia.it

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