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L'intervista

Lollobrigida: «Ecco come sarà il G7 Agricoltura. La Sicilia sarà regina, dimostrerà al mondo il suo valore»

Il ministro: «Siracusa torna centrale come nella Magna Grecia. Non un summit ristretto, ma un evento aperto senza nulla da invidiare all’Expo di Milano»

Di Mario Barresi |

Ministro Lollobrigida, la Sicilia sta per ospitare il G7 Agricoltura e l’Expo “Divinazione”. Ha scelto l’Isola, e Siracusa in particolare, solo per la bellezza e il clima o c’è anche un significato geopolitico?

«Ce ne sono tanti, di significati. E la Sicilia li copre tutti. Il primo è che non conosco alcuna colonia dell’antichità che un popolo nobile come i greci definirono più grande della loro terra per la capacità di produrre buon cibo: la Sicilia, l’ovest della Puglia e il sud della Calabria. E la chiamarono, non a caso, Magna Grecia. Siracusa è la città più antica, fu rivale per bellezza e forza politica di Atene, che non riuscì mai a conquistarla. Seppe resistere ai romani e mantenere un’identità forte durante l’Impero, fu capitale siciliana fino all’avvento degli arabi. Su Wikipedia ho pure scoperto che per un breve periodo fu pure capitale dell’Impero bizantino. Siracusa è un posto dove si sono stratificate in maniera visibile tutte le contaminazioni che l’Italia ha avuto la fortuna di avere in tre millenni»

La storia l’ha studiata bene. Ma c’è anche la geografia, su cui sono inciampati media nazionali e componenti del suo staff: il G7 si fa a Siracusa, Ortigia è un quartiere e non una città…

«Certamente: a me è chiarissimo. Siracusa è il cuore del Mediterraneo: senza nulla togliere a voi catanesi (e gli scappa una risatina, ndr) o ai palermitani , è stata la città più importante dell’Isola. Ma oggi, quando parli di Siracusa e di Ortigia, talvolta sei costretto a spiegare dove si trovano. I G7 si sono svolti in 18 posti diversi, ma io ho scelto la Sicilia e Siracusa in particolare per queste ragioni e per quello che può offrire oggi al di là del martirio della siccità».

A proposito: agli agricoltori siciliani, dopo una siccità senza precedenti, magari non interesserà vedere i ministri sfilare. Preferirebbero che si risolvesse strutturalmente il problema della sete nelle campagne in cui la mafia s’insinua facendo affari.

«Ieri sera (martedì per chi legge, ndr) il professor Rinaldo, vincitore del “premio Nobel dell’acqua” , ha detto una cosa che mi ha colpito molto: nel 2022, mentre il Nord era gravato dalla siccità, la Sicilia ha avuto una piovosità superiore alla media. Il problema sono le infrastrutture: per decenni sulla Sicilia si sono rimbalzati progetti mai realizzati. È mancata la pianificazione, che invece oggi, con il nuovo commissario per l’acqua, assieme a Regione e Mit, stiamo non solo realizzando, ma anche velocizzando. Abbiamo creato una cabina di regia per agire in termini strategici anche sulle responsabilità: strutture commissariate da decenni con opere ferme o mai partite. Per me la siccità non è un’emergenza, ma un fatto consolidato che ogni cinque anni mediamente colpisce l’Italia».

Ma, concretamente, cosa sta facendo il governo Meloni per la siccità nelle campagne siciliane«Stiamo velocizzando le risposte concrete: come accumulare l’acqua, come non disperderla in rete, come attivare i desalinizzatori, come realizzare i pozzi, come creare infrastrutture che permettano una sana distribuzione dell’acqua, anche pensando al riutilizzo dei reflui così come fanno benissimo in Israele. E questa la risposta strutturale. È ovvio che dobbiamo anche dare risposte sulla crisi: io ho stanziato 15 milioni che arriveranno agli agricoltori e allevatori siciliani colpiti dalla siccità».

Il tema dei cambiamenti climatici sarà al centro del G7. Non pensa che le istituzioni e i produttori abbiano ancora un approccio “tribale” alla questione, tipo fare la danza della pioggia anziché gestire i fenomeni?

«Noi dobbiamo abituarci al cambio climatico, che nella storia c’è sempre stato, ma che ora è forse accelerato dall’azione dell’uomo. Non possiamo evitare i cambi climatici, dobbiamo avere la capacità di mitigare gli effetti con colture meno idroesigenti, con tecnologie meno impattanti. Il tutto, sia chiaro, senza impattare sul reddito degli agricoltori, perché dove non c’è agricoltura non c’è un territorio che si manutiene meglio. Senza la coltivazione dell’uomo le cose non vanno meglio, ma peggio».

Ha detto che nel corso del G7 vuole «spiegare l’Italia in modo semplice». Con quali argomenti?

«Vedendola. Arrivando e guardando tutto assieme, ammirando la stratificazione di Siracusa, assaggiando i nostri prodotti, ammirando le nostre innovazioni tecnologiche, le università. L’Italia che è orgogliosa e consapevole di quello che ha: il made in Italy significa ricchezza, lavoro, forza».

Ha annunciato un G7 «aperto e inclusivo». Cosa intende?

«Di solito ci si chiude in un posto, magari bello, ma inaccessibile, circondato fuori da cordoni di protezione. Invece noi non abbiamo paura del dibattito: ci sarà un’intera parte di città coinvolta, migliaia di visitatori in giro. Sarà una festa»

Il lembo estremo della provincia di Siracusa è più a Sud di Tunisi. È lecito aspettarsi da questo G7 un preciso messaggio per i Paesi dell’Africa?

«Anche per questo Siracusa è ideale: luogo di approdo e di congiunzione con un continente importante come l’Africa che noi consideriamo ricca di potenzialità. Ci saranno dieci governi africani, di cui nove rappresentati da ministri, la commissaria all’Agricoltura dell’Unione Africana, il direttore generale della Fao».

La Sicilia è anche il posto dove il suo collega Salvini rischia una condanna per sequestro di persone nella gestione degli sbarchi dei migranti.

«Il messaggio, forte e chiaro, è di tutto il governo. Sì all’immigrazione legale: è utile, è necessaria. E sì alla cooperazione: non come s’è fatta per troppo tempo, in modo predatorio o caritatevole, ma rispettosa, secondo i dettami del Piano Mattei, delle potenzialità degli altri. Quando li rispetti ti rispettano: con i Paesi africani è nato un rapporto nuovo. Oggi se parli con un interlocutore africano e gli chiedi di cosa ha bisogno, quello si infastidisce. Ma di che hai bisogno tu? Noi, ci dice, abbiamo l’età media più bassa del pianeta, il 60 per cento delle terre arabili. Tu, Italia, ci puoi dare la ricerca e la formazione in una partnership che può far crescere tutti. Aggiungo: Siracusa è anche congiunzione fra terra e mare, simbolo delle produzioni d’eccellenza dell’agricoltura e pure della pesca, che per la prima volta entra nel G7».

Anche i pescatori siciliani, da anni nel tunnel della crisi, non vogliono sentire chiacchiere, men che meno da un’Europa che sentono matrigna.

«Oggi c’è un attacco ambientalista alla pesca: “Distrugge tutto!”, dicono. Invece i nostri pescatori e acquacoltori proteggono il mare, seguendo le regole. Certo le nostre marinerie, quella siciliana in particolare, si trovano in una situazione in cui dall’altra parte del Mediterraneo c’è chi fa quello che vuole. L’Italia è stata l’unica nazione a votare contro il Piano comunitario della pesca, dicendo: “Amici miei, l’Europa ha perso il 28 per cento delle marinerie, l’Italia il 40 per cento”. Visto che non facciamo pesca oceanica, se cancellate lo strascico, cancellate tutto, sacrificando i nostri pescatori a un’ideologia ambientalista. Si deve investire in questo approccio, a partire dall’Ue».

Una delle piaghe dell’agricoltura siciliana è il caporalato. Dobbiamo rassegnarci ad avere una legge che non viene applicata o si può sperare in qualcosa di più da questo governo?

«A Siracusa si tratterà anche questo tema. Ci saranno i presidente di Inps e Inail, il direttore di Agea, tutti i sindacati e chiuderà il ministro del Lavoro, Calderone. Si parlerà degli esiti del tavolo sul caporalato, di ciò che si può ancora fare partendo dal fatto che il mio primo decreto è stato sulla condizionalità sociale: chi viola le regole non percepirà più i contributi nazionali ed europei. Non basta, va fatto di più».

Gli ospiti in questi giorni a Siracusa gusteranno le nostre eccellenze. Ma nel mercato globale è sempre più difficile difendere il pomodorino di Pachino da quello di Pechino. Quella contro la contraffazione è una battaglia in cui l’Italia è destinata a restare isolata.

«L’Italian Sounding danneggia le nostre produzioni di qualità, ma anche i consumatori. Ieri alla stampa estera ho dovuto litigare con un giornalista che diceva che i pomodori di Pachino non esistono, perché il seme ce l’hanno pure le multinazionali. Io gli ho risposto: la multinazionale può averci pure il seme, ma se il pomodorino non lo fai a Pachino non viene: l’acqua salmastra, il vento, il terreno non te li puoi portare a Pechino…».

A Siracusa, dopo averla vista dal vivo nel sopralluogo, raccontano che dell’evento lei sta curando personalmente ogni dettaglio. Se è così, ci regala un “virtual tour” prima dell’apertura.

«Entrando, sulla destra ci sarà un grande campo, circa tremila metri, di grano. Grano vero, non posticcio. Superato il ponte si incontreranno le imbarcazioni dei pescatori, che mostreranno il loro modello di lavoro. Il visitatore incontrerà la nostra guardia costiera, tutti i nostri militari e le forze che garantiscono la sicurezza, vedrà come si fanno i soccorsi in mare, come si gestiscono gli incendi. Visiterà i villaggi di Confagricoltura, Coldiretti, Legacoop… Non saranno 192 stand, ma 192 padiglioni: l’antico mercato sarà un piccolo Vinitaly con più di 100 cantine, con quelle siciliane protagoniste, vicino a piazza Duomo ci sarà riprodotta una vigna hi-tech. C’è tutto il bello delle regioni: 18 regioni su 20, il padiglione della Sicilia, regina dell’Expo Divinazione, è straordinario, lo stand principale è accanto a quelli del ministero e del Giappone, unico espositore estero coinvolto in vista dell’Expo 2025 di Osaka, con la certezza che ricambieranno l’attenzione. E lo sport: un villaggio che s’inaugura con la partita Italia-resto del mondo di pallanuoto, l’ippica con il Gran premio del G7 e una pista di 280 metri, il Giro d’Italia…».

Siracusa è tutt’ora un cantiere in progress, qualcuno si lamenta per i disagi. Ci dica la verità: sarà all’altezza dell’evento?

«Ci tengo a scusarmi per i disagi di questi giorni causati ai siracusani, sperando che capiscano l’importanza dell’evento per la loro città. Ci sono 10 giorni di sold out negli alberghi di Siracusa e, a giudicare dagli amici che mi contattano in queste ore, sono convinto che arriveranno a dormire anche fino a Catania…».

I conti si fanno alla fine. Ma ci può dare una stima di quanto costerà alle casse pubbliche il G7 Agricoltura a Siracusa?

«Ho speso pochissimo, fra poco renderemo noti gli investimenti con trasparenza. Ma posso annunciare che stupiremo chi pregusta scandali e sprechi. Il valore dell’iniziativa è dato dai contributi degli imprenditori privati e delle associazioni che verranno a spese loro con budget importantissimi».

Allora aspettiamo di conoscere i costi. E i benefici? Resterà qualcosa, a Siracusa e alla Sicilia, dopo il 29 settembre?

«Molte delle strutture del G7 a Siracusa resteranno: grandi giardini, installazioni. Ma spero che questa possa essere la dimostrazione, davanti al mondo intero, che si può sviluppare un grande evento, che, voglio esagerare, non è secondo all’Expo di Milano dal punto di vista della tipologia espositiva e dell’impatto. È un’altra delle sfide di G7 ed Expo a Siracusa. In Italia abbiamo un sistema fieristico sbilanciato sul Nord. Nel Mezzogiorno ci sono Napoli e Bari, che rispetto alla Sicilia è comunque come se fossero a Milano. La Sicilia non ha un sistema fieristico: non ha grandi strutture, non ha padiglioni, ma ha una condizione climatica e delle bellezze eccezionali per cui si può puntare su grandi eventi all’aperto».

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