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Il caso
La conversione all’industria green richiede un duro prezzo da pagare
La bioraffineria Eni realtà consolidata, ma Gela ha perso 8mila abitanti in nove anni
Come si salvano i poli energetici? Puntando sulla sostenibilità ambientale. Che ha vantaggi, ma anche prezzi da pagare. Il leader di Iv, Matteo Renzi, rispolvera un ricordo siciliano di 9 anni fa, quando c’era lui alla guida dell’Italia. Il 6 novembre 2014 al ministero dello Sviluppo economico si firmò un protocollo che segnò per Gela la fine di un modello industriale non più sostenibile, quello della raffinazione del petrolio. Lo scenario era da anni negativo, la raffineria di Gela dal 2009 aveva registrato perdite per circa 2 miliardi, non era possibile continuare con un modello non più rispondente alle sfide dell’economia. Piuttosto che abbandonare il sito, se ne sancì la conversione in bioraffineria, sul modello di Marghera.
A Palermo nei giorni scorsi per un convegno, l’ex premier ha portato ad esempio il caso Gela, ricordando gli attacchi che subì per quella scelta, la campagna violenta contro di lui ed i suoi di Gela che gli sconsigliavano di mettere piede in città, tanto era l’odio. Nove mesi dopo il sindaco uscente, il renziano Angelo Fasulo, fu sconfitto al ballottaggio dal candidato del M5S. «Ora c’è la più innovativa bioraffineria d’Europa, 1.500 lavoratori di Eni, più le centinaia di lavoratori dell’indotto. Non mi aspetto le scuse da parte di chi scatenò l’odio, ma presto tornerò a Gela, e sarà un vero piacere», dice il leader di Iv. L’ex premier sbaglia i numeri: i lavoratori della raffineria oggi sono meno della metà (ma quelli del diretto nel 2014 sono stati in parte assegnati ad altri siti di Eni in Italia e all’estero), l’indotto non esiste quasi più. Nel 2016, a raffineria riconvertita, da Gela erano andate via 2.000 persone. Oggi i dati Istat del 2023 vedono Gela cedere il posto di quinta città della Sicilia a Marsala, viene superata da Ragusa e con i suoi 70.991 cittadini si attesta al settimo posto. Ne ha persi più di 8.000 in nove anni, tra famiglie di lavoratori Eni trasferitesi e giovani che vanno nelle università del Nord e non tornano più. È stata una conversione industriale positiva per Gela in termini di ambiente e salute (mare e spiaggia ne sono un esempio e via quel fetore di uova marce che avvertiva come una cappa chi arrivava in città), ma fragile per l’assenza di un progetto parallelo all’industria in versione green. La politica non ha fattotutta la sua parte.
Il nuovo modello industriale va avanti, Gela, per varie concause, va indietro. A giorni verrà dichiarato il dissesto finanziario del Comune nonostante i milioni di euro che incassa ogni anno dalle royalties dell’Eni, i negozi chiudono, l’alternativa basata su turismo, archeologia e agricoltura è lontana dal produrre effetti significativi. Il modello di conversione industriale del 2014, però, sta reggendo e si è ampliato dopo 9 anni guardando alla produzione di carburanti bio anche per il trasporto aereo. Sui biocarburanti, Eni continuerà ad investire. Al Congresso per il Patto per la decarbonizzazione del trasporto aereo svoltosi la scorsa settimana, Giuseppe Ricci, D.g. Energy Evolution di Eni, ha evidenziato che quello dei carburanti per il trasporto aereo è per Eni un settore strategico e questo riguarda anche la bioraffineria di Gela. L’azienda già dal 2022 produce e commercializza biojet nella raffineria di Livorno, distillando le bio-componenti prodotte nella bioraffineria di Gela. Sempre per il sito di Gela ha presentato un progetto di costruzione di un impianto di biojet, per la cui costruzione a febbraio ha ottenuto la concessione dal Comune.
«Il sostegno con il biocarburante Saf per l’aviazione – ha aggiunto Ricci – rappresenta una pietra miliare ed un’area su cui investire e come Eni vi stiamo investendo. Eni si è posta l’obiettivo di produrne fino a 300.000 tonnellate l’anno dal 2025, tre volte l’obbligo che dovrà osservare tutta l’Italia, certa che il Saf sia l’unico carburante al momento disponibile per ridurre le emissioni dell’aviazione. Il Saf può essere utilizzato usando le stesse infrastrutture, gli stessi aeromobili, sino a percentuali molto elevate senza altri tipi d’intervento e d’investimento. Contiamo al 2030 di essere in grado di produrre fino ad 1 milione di Saf a livello mondiale, anche nelle altre installazioni che stiamo realizzando nei mercati mondiali», ha concluso Ricci. In questo progetto la Sicilia c’è con la bioraffineria di Gela nata convertendo parte degli impianti dell’era di Mattei.