LA STORIA/1
«Io, picchiata per 30 anni, ma allora in casa sembrava normale. È stata mia figlia a convincermi che dovevo denunciarlo»
Dobbiamo andare indietro di quasi sessant’anni. Ancora non si parlava di femminicidi e stalking. Lo stupro non era considerato nemmeno un reato contro la persona, ma contro la moralità pubblica. Ed è in quel periodo che Stella, all’epoca quattordicenne e oggi una meravigliosa donna di 72 anni, conobbe il suo futuro marito. Lui era già un uomo fatto, lei poco più che adolescente. Ma lei stravedeva per lui e ai tempi c’era la fuitina. Da lì comincia una vita tra botte e offese. Pistole puntate, padellate in testa. Eppure la madre di Stella aveva capito subito, già durante il breve fidanzamento, che qualcosa non andava. «Mi prendeva a pizzicotti che lasciavano i segni tanto erano forti, una volta mi ha colpita a casa e mia mamma l’ha cacciato», racconta. Ma Stella stravedeva per quell’energumeno ed è andata via per trasferirsi dai suoceri. «Mio marito era abituato al fatto che le mogli dovevano sottomettersi, mia suocera era picchiata e non si ribellava. Mio suocero a parole non era carino nemmeno nei miei confronti». I primi anni Stella non riuscì a rimanere incinta. «Ogni mestruazione era un pestaggio, fortunatamente poi sono arrivate le bambine».
Le violenze però non si fermarono. «Sono durate 30 anni. Alcune volte a livello fisico si placava ma non la furia verbale», racconta. Le urla arrivavano fino ai vicini di casa, ma «io sono sempre stata convinta che potesse cambiare. Anzi pensavo che fossi io a provocarlo, che fosse colpa mia. Poi è morto mio suocero e la madre si è trasferita da noi. Vedeva il figlio usare violenza contro di me e lei mi diceva che dovevo stare zitta. Ma io le ripetevo che non volevo fare la sua stessa fine. Ma in realtà è quello che è successo».
Quando la picchiava «faceva così male che svenivo, le mie figlie non le ha mai toccate ma sono cresciute in quell’inferno. Quando sono diventate adulte lo minacciavano che avrebbero chiamato la polizia, ma lui diceva che ero io, a provocare».
Con i nipotini sembrò cambiare. Ma la bomba esplose. Più potente delle altre volte. Una mattina, rientrata da casa al mare della figlia, Stella stava per uscire per una pratica di lavoro. Il marito si offrì di accompagnarla, nel frattempo che lui si preparava la donna andò in ufficio a prendere i documenti. Il compagno si presentò nello studio e cominciò ad accusarla di avere un’amante. «Cose assurde. Io gli dissi che dovevamo divorziare. Si trasformò, mi saltò sopra, mi diede così tanti calci e pugni che non respiravo più. Ho avuto paura di morire, poi ho visto una valigetta e l’ho colpito e sono scappata». Stella finì in ospedale. «Grazie alle mie figlie ho denunciato, ma ci sono stati giudici che hanno scritto che mi ero fatta le lesioni da sola. Erano gli anni Novanta, un’altra visione della violenza. Un calvario, fortunatamente aveva un lavoro e un’indipendenza economica».
Qualche tempo dopo Stella incontrò un uomo che gli ha permesso di rifarsi una vita. «Io ho promesso a me stessa che non mi sarei più fatta maltrattare. A lui gli ho detto che non deve mai permettersi nemmeno di alzare la voce».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA