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Il caso della norma salva-ineleggibili arriva all’Ars, il presidente Galvagno: «Non credo che in questa vicenda qualcuno possa fare il verginello»

Domani l'aula sceglierà se stralciare la regola. Ecco chi sono i 4 deputati che rischiano lo "sfratto"

Di Mario Barresi |

Adesso tocca a Gaetano Galvagno. Sarà il presidente dell’Ars, fra oggi e domani, a indirizzare il destino della “salva-ineleggibili”. La norma, inserita nel maxi-emendamento alla “manovrina” che ha avuto il via libera della commissione Bilancio, prevede un’«interpretazione autentica» della legge elettorale regionale, modificando le regole sull’ineleggibilità dei deputati all’Ars. Così, oltre ai 22 milioni distribuiti – con un matematico accordo trasversale – fra maggioranza e opposizioni per finanziare sagre, presepi e interventi disseminati in tutta l’Isola, nel testo delle variazioni di bilancio è spuntata anche una sanatoria (eliminando dalle cause di ineleggibilità l’aver ricoperto incarichi in società vigilate della Regione) per quattro deputati “sotto sfratto” a Sala d’Ercole, tutti coinvolti in processi civili in corso.

Quelli con l’esito più ravvicinato riguardano, il prossimo 14 dicembre, le sentenze d’appello a Palermo sui ricorsi contro Dario Daidone (presidente meloniano della commissione Bilancio) e Davide Vasta, deputato di Sud chiama Nord, entrambi dichiarati ineleggibili nel giudizio di primo grado: il primo perché non si sarebbe dimesso in tempo dal cda di Irfis, l’altro perché rimasto in sella alla Cot, cooperativa vigilata dalla Regione. Gli altri due interessati sono di FdI: Nicola Catania (pure lui presente, come Daidone, in commissione al momento del voto favorevole) e Giuseppe Catania, eletti col vulnus di essere presidenti delle Srr di Trapani Sud e Caltanissetta Nord, i cui destini giudiziari sui rispettivi scranni si conosceranno nel 2024.

Qual è l’orientamento di Galvagno sulla norma? «Io riceverò un testo che ha avuto il parere favorevole della commissione Bilancio», premette con un certo formalismo il presidente meloniano dell’Assemblea. Ma ammettendo un presupposto non trascurabile: «In conferenza dei capigruppo s’era trovata una precisa intesa secondo la quale in questo contesto dovevano essere inserite soltanto norme di spesa e non di tipo ordinamentale». E il cambio delle regole sull’ineleggibilità dei deputati, evidentemente, rientra in quest’ultima fattispecie. Allora che farà? «Per me la stella polare resta la conferenza dei capigruppo, quindi martedì (domani per chi legge, ndr) valuteremo il da farsi, acquisendo le posizioni di tutti».

Galvagno ostenta distacco: «Per varie ragioni in questi giorni non ho potuto verificare le dinamiche né ho letto i giornali». Quindi il presidente dell’Ars si mostra laico: «Stralcio della norma? Nessuna posizione preconcetta. Valuteremo e decideremo rispettando le regole».

Troverà come accanito oppositore il capogruppo del Pd, Michele Catanzaro. «Io il contenuto di quell’emendamento l’ho letto sul giornale. La ragione dello scontro in commissione con l’assessore Falcone è legata al metodo: eravamo tutti d’accordo a non inserire norme ordinamentali e mi sono battuto affinché questo principio fosse rispettato, perché temevo blitz sugli abusi edilizi e sulla distanza degli impianti dei rifiuti».

Una battaglia vana, visto che la commissione ha dato il via libera alla “salva-ineleggibili”, alla presenza (decisiva per il numero legale, pur con il parere contrario) dei rappresentanti di M5S e Sud chiama Nord, col Pd che ha lasciato la commissione scansando il selfie finale con Marco Falcone e gli altri membri del centrodestra. Tutti soddisfatti per il Cencelli sulle mancette, in cui ognuno ha gestito a modo suo il budget a disposizione, ma non si sa se in quei sorrisi ci fosse dell’altro.

Dunque, tutto si deciderà domani. «Tenendo conto che c’è un testo prodotto dalla commissione Bilancio e che – aggiunge, con un pizzico di malizia, Galvagno – non mi sembra che in questa vicenda ci sia qualcuno che possa fare il verginello». Il che, oltre alla sottolineatura che quella notte in commissione erano presenti maggioranza e gran parte delle opposizioni, potrebbe essere un velato riferimento agli interessi contrapposti ai quattro deputati “sanati” dalla norma.

I 4 a rischio sfratto

L’aspirante al seggio di Daidone, ad esempio, è il primo dei non eletti nella lista di FdI a Catania, Carmelo Nicotra, che in molti danno ora vicino al leghista Luca Sammartino, additato di una linea diretta proprio col dem Catanzaro.

Poi ci sono i casi di Nicola e Giuseppe Catania: anche se lo status di presidenti di Srr che li accomuna è più sfumato (grazie a un precedente blitz all’Ars nel collegato-bis: un emendamento stabilì che «le Società di regolamentazione del servizio di gestione dei rifiuti non costituiscono società strumentali della Regione siciliana»), il primo è stato dichiarato ineleggibile in primo grado, mentre il secondo aspetta il giudizio del tribunale civile. Dietro di loro scalpitano i primi dei non eletti in FdI a Trapani e Caltanissetta: Giuseppe Bica e Totò Scuvera. Entrambi sottoposti al corteggiamento di altri partiti del centrodestra.

La situazione più ingarbugliata riguarda il seggio di Vasta (ScN). Sul quale pendono due ricorsi incrociati: del primo dei non eletti a Catania, Salvo Giuffrida, a sua volta tallonato, in quanto dirigente regionale che «non avrebbe eliminato in tempo la causa ostativa» dal terzo incomodo, Santo Primavera, che ha già vinto su Vasta (dato come «molto dialogante» con FdI) in primo grado. Primavera, consigliere a Giarre, ha rotto ogni rapporto con Cateno De Luca. E adesso ha scritto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per sollevare il caso della salva-ineleggibili: «Tale sprezzante intervento nato al fine di dare vis retroattiva, nell’estremo tentativo di violare i decisum giudiziali è un chiaro attacco all’ordinamento giuridico italiano nella divisione dei poteri e quindi alle regole della democrazia», una norma votata «con arroganza» dagli stessi «eletti che si trovano sub iudice». Primavera ha indirizzato la sua lettera anche al Viminale e al Csm, oltre che al governatore Renato Schifani, al presidente Galvagno e ai capigruppo dell’Ars.

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