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Cenere vulcanica, «meglio usare la mascherina». I pericoli per la Salute in uno studio di Ingv

«Serve prudenza, il rischio per la salute dato dal materiale vulcanico c’è». Lo dice Salvatore Giammanco, primo ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - Osservatorio Etneo di Catania

Di Leandro Perrotta |

«Serve prudenza, il rischio per la salute dato dal materiale vulcanico c’è. Sarebbe opportuno usare le mascherine fino alla completa rimozione della cenere vulcanica dalle strade. Senza fare allarmismi, come nel periodo Covid». Lo dice Salvatore Giammanco, primo ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Osservatorio Etneo di Catania. Da alcuni anni Giammanco, specializzato in geochimica dei fluidi, conduce delle analisi sulle caratteristiche della sabbia vulcanica che periodicamente ricopre il capoluogo etneo e i paesi dell’hinterland. «Abbiamo appena concluso un progetto Ingv finalizzato allo studio di possibili rischi per l’Ambiente e la Salute, fatto anche in collaborazione con i medici di Neurologia ed Endocrinologia dell’Università di Catania e dell’ospedale Garibaldi Nesima. Ci siamo occupati sia dell’aspetto fisico che di quello chimico, e abbiamo ulteriormente sottolineato che gli effetti negativi per la Salute respirando le polveri generate dalla frantumazione del materiale vulcanico ci possono essere», spiega il ricercatore. 

A luglio polveri sottili molto sopra la soglia

Il rischio è presente, soprattutto, negli ambienti urbani, dove si accumula la cenere che si diffonde in aria per giorni. Secondo le misurazioni effettuate da Arpa Sicilia il 5 luglio, giorno successivo alla grande emissione di cenere vulcanica da parte dell’Etna con una stima di 17 mila tonnellate depositatasi, la quantità di PM10 presenti è arrivata a 298 microgrammi per metro cubo, contro un parametro di “normalità” che prevederebbe la soglia entro i 50. I superamenti della soglia in una delle stazioni di rilevamento centrali, quella denominata “Veneto”, sono presenti, anche nelle giornate immediatamente successive alla “pioggia”. Questo succede anche perché «quando la cenere vulcanica depositata sulle strade viene frantumata dalle auto produce particelle anche più piccole, come PM5 e PM2.5», sottolinea lo studioso. Si tratta di polveri sottilissime – il numero si riferisce alla dimensione in micron, equivalente a un millesimo di millimetro -, «che sono un rischio perché non vengono bloccate dal sistema respiratorio superiore, e le sostanze presenti possono essere assorbite dall’organismo».

Il legame, probabile, con le malattie neurologiche

Non è chiaro, inoltre, «se oltre ai problemi respiratori, l’esposizione cronica a tali sostanze possa essere associata ad una più alta incidenza di alcune malattie neurologiche ed endocrinologiche registrate in alcuni territori etnei». Malattie come sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica. Giammanco sottolinea come «si tratti di rischi, non di pericoli diretti», ma il materiale vulcanico è assimilato «agli asbesti, come l’amianto, perché ricco soprattutto di silice e silicati, classificati come elementi cancerogeni». Ma ci sono presenti anche «elementi in traccia come manganese, ferro, selenio, cromo, nichel, cadmio, e i gas magmatici producono anche radon, che poi si tramuta in polonio, elemento radioattivo che decade in pochi minuti. La lista è quindi lunga, e ognuno di questi elementi può stimolare, per lunghi periodi di esposizione, un determinato tipo di reazione nel nostro corpo». Senza allarmismi, ma consapevoli del rischio quindi, Giammanco lancia solo un appello: «Come dettato anche dal Piano Comunale di Protezione civile di Catania, la pulizia andrebbe fatta nel più breve tempo possibile, possibilmente senza disperdere le ceneri – e quindi, aggiungo io, senza utilizzare i soffiatori -, ma raccogliendole in sacchetti solo usando mezzi di aspirazione e pulizia meccanica».

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