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Catania, “Un caso di coscienza” chiude il ciclo dedicato a Leonardo Sciascia

In scena da oggi a domenica alla Sala Futura, regia di Francesco Randazzo

Di Redazione |

Oggi alle 20,45 (repliche fino a domenica) va in scena a Sala Futura di Catania, per il Teatro Stabile, “Un caso di coscienza”, quarto e ultimo spettacolo del progetto Sciascia. A firmarne la regia Francesco Randazzo. In scena Filippo Brazzaventre, Marta Limoli, Franco Mirabella.Il progetto Sciascia, fortemente voluto dal direttore dello Stabile etneo Luca De Fusco, è incentrato su “Il mare colore del vino” testo pubblicato nel 1973 da Einaudi che dà il titolo allo spettacolo. Una raccolta di racconti scritti da Sciascia tra il 1959 e il 1973 e usciti su giornali, riviste e antologie, tutti ambientati in Sicilia e con protagonisti siciliani.

Un caso di coscienza” è un divertissement giocato con ironia tagliente in controcampo pirandelliano – scrive nelle note di regia Francesco Randazzo – dove è forte l’eco del Berretto a Sonagli che chiaramente ispira Sciascia ad un efficacissimo, parodistico gioco in punta di penna con il quale ci mostra la giostra del dietro le quinte paesano, della chiacchiera e del sospetto, della commedia intrisa nell’irrisione, della mascolinità che diventa, con una girandola di pettegolezzi virali, una “qualità” difettosissima di tutti i pupi maschi, recitanti le loro parti su una scacchiera costruita su tutti gli antichi vizi, le spacchioserie e le idiosincrasie della provincia siciliana. Le vite dei personaggi e la vicenda quasi poliziesca assumono tratti surreali, persino inquietanti, ridicoli, picareschi, eccessivi. Il sorriso tirato e le risatacce meschine colpiscono tutti. A contraltare le donne, che in fondo li tengono tutti in pugno, nonostante la scarsa considerazione tipica dell’ottica stereotipata dei maschi, ma che in fin dei conti, sono sempre più schiette e sincere, anche spietatamente, oltre i cliché (che Sciascia usa brillantemente). Fino allo sberleffo finale, che cita ironicamente con comico cinismo un altro finale famoso, a chiudere un cerchio narrativo, scioglimento di un mistero banalissimo e tragicomico, come la vita ottusa dal pregiudizio e dalla presunzione, forse anche la nostra, forse no, non più speriamo, forse se riusciamo a riderne siamo salvi, forse. La risata rasposa del grande scrittore siciliano, graffia ancora, con sorprendente maestria e leggerezza”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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