Il ricordo
Associazione Antigone ricorda l’arresto di Enzo Tortora: «Da allora poco è cambiato»
Dal 1991 al 2022 30 mila errori giudiziari e risarcimenti per quasi un miliardo di euro.
L’associazione Antigone Sicilia, nelle persone degli avvocati Giorgio Bisagna, presidente, e Francesco Leone, vice presidente, hanno ricordato con una nota l’anniversario del 40° anniversario dall’arresto di Enzo Tortora, il noto giornalista e conduttore televisivo accusato, ingiustamente di reati gravissimi e assolto solo in grado di appello, dopo un calvario detentivo e di sfregio mediatico della sua persona.
“Tutti ricordiamo la visione ostentata e quasi “pornografica” di quell’uomo innocente in manette.
Ma, il caso, deve farci ricordare come, non solo i magistrati inquirenti, non ebbero a subire conseguenze di nessuna natura, anzi ebbero brillanti carriere nonostante il clamoroso errore giudiziario, forse paragonabile al famoso Caso Dreyfus che sconvolse, a fine 800 l’opinione pubblica francese.
Ma in Italia, il nostro J’Accuse resta, ancora parzialmente inascoltato.
Le statistiche parlano chiaro.
Come evidenziato dal Sole 24 ore “Dal 1991 al 2022 i casi di errori giudiziari hanno coinvolto l’incredibile numero di 30mila persone. Divisi per anno fanno circa 961 cittadini sbattuti in carcere, in custodia cautelare, o addirittura condannati essendo però innocenti, come successivamente accertato. Un abominio che pesa anche sulle casse dello Stato che tra indennizzi e risarcimenti ha sborsato quasi un miliardo di euro (932.937.000 euro, poco meno di 30 milioni l’anno). Nell’anno appena trascorso sono stati 547 i casi di ingiuste detenzioni ed errori giudiziari (-25 rispetto al 2022); cresce invece e di molto la spesa per indennizzi e risarcimenti che supera i 37mln, segnando un +11 milioni e mezzo rispetto al 2021”.
Sono numeri alti e costi inammissibili per la Giustizia e lo Stato di Diritto, cui si aggiungono, specularmente, i problemi del sovraffollamento delle carceri e dei suicidi, per un sistema giudiziario che non vuole trovare in se’stesso rimedi e soluzioni e per un sistema politico poco coraggioso nel sottrarsi alle spinte qualunquiste e populiste.
Le garanzie processuali, l’utilizzo della custodia cautelare in carcere come estrema ratio, il rispetto pieno ed integrale del diritto di difesa, la sobrietà nei rapporti con la stampa da parte della Magistratura, non sono indici di debolezza “istituzionali”, ma, al contrario, unitamente a politiche penitenziarie informate, per i detenuti condannati in via definitiva, al rispetto del dettato costituzionale dell’art. 27 comma III ( le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato), il chiaro segnale di un allineamento ai principi ed i valori consacrati dalla Carta Costituzionale e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA