La parola «Beirut» è di nuovo associata a quella di «profughi». Ma come mai forse era accaduto nella breve storia di uno dei moderni scali del Levante, la capitale libanese è oggi invasa di persone in fuga dagli incessanti bombardamenti israeliani nella periferia sud, nelle zone meridionali del paese e nella valle orientale della Bekaa.
Tanto che il premier uscente libanese, Najib Mikati, ha lanciato un allarme in vista di una futura conferenza internazionale dei donatori per la «ricostruzione del Libano» e per l’ennesima «crisi umanitaria» del Medio Oriente: gli attacchi israeliani – ha detto – stanno provocando «il più grande numero di sfollati» mai registrato in Libano. Secondo il premir, uno degli uomini finanziariamente più influenti di tutta la regione, «il numero di sfollati potrebbe toccare il milione». Cifra di cui ha parlato sabato anche Nasser Yassin, il ministro libanese che coordina la risposta alla crisi causata dagli attacchi tra Israele e Libano.
Beirut e le sue periferie settentrionali e orientali, il Monte Libano e Tripoli sono ormai invase da famiglie senza tetto. Che si sono aggiunte ai circa 100mila sfollati che hanno abbandonato le loro case del sud del Libano da ottobre scorso, da quando è cominciato il nuovo round di guerra tra Hezbollah e Israele.
Il contesto libanese è già afflitto drammaticamente dalla peggiore crisi economica della sua storia, palesatasi cinque anni fa e che ha ridotto sul lastrico ampi settori della piccola e media borghesia del Paese. In un Libano dove la sanità è privatizzata da decenni, dove l’elettricità fornita dallo Stato è ormai inesistente e dove non esiste una rete idrica di acqua potabile, gli ospedali e le altre strutture di base sono al collasso. In dieci giorni di offensiva militare israeliana, il ministero della salute libanese parla di un migliaio di persone uccise e di seimila feriti.
«Il piano di emergenza del governo si è rivelato un totale fallimento», afferma Mahmud H., studente di politiche pubbliche all’Università americana di Beirut. «Per mesi Mikati e i suoi ministri hanno sventolato all’opinione pubblica questo piano mostrano come fossero pronti a ogni evenienza… Beirut è invasa di persone che dormono all’aperto», afferma incredulo Mahmud.
Non mancano le dure critiche a Hezbollah per non aver preparato dei piani in caso, sempre più probabile nelle ultime settimane, che i bombardamenti aerei sulla periferia sud si fossero intensificati, come in effetti è poi avvenuto. «Come nella guerra del 2006, il partito non ha pensato sufficientemente a proteggere la sua gente. Sono scappati come ladri dalle loro case poco prima che venissero rase al suolo», afferma Rasha A., impiegata alle poste e residente a Tayyoune, a due passi dai quartieri meridionali bombardati.