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Ponte sullo Stretto, il sogno della Sicilia continua: perché con Draghi può diventare realtà

Di Jan Pellissier |

TORINO – Un governo di tecnici, quello di Monti, mise la parola fine. Dieci anni dopo un altro esecutivo a guida non politica, quello di Draghi, lo sta riportando in vita. Il ponte di Messina si rigenera come le teste dell’Idra, e forse stavolta non sarà l’ennesimo tentativo a vuoto. La maxi-struttura a campata unica sospesa più lunga del mondo è infatti quanto mai d’attualità.

WeBuild, il gruppo leader delle costruzioni che ha realizzato in due anni il ponte San Giorgio di Genova, ha sempre tenuto accesa la fiammella del collegamento dello Stretto con in tasca un progetto cui collaborò Impregilo, che è oggi incorporata nel gruppo guidato da Pietro Salini. E pochi giorni fa ha rilanciato il progetto sui suoi canali social. Un’operazione miliardaria, che in epoca di Next Generation Eu torna a sembrare meno chimerica.

Tanto che il revamping del Ponte è tornato in Parlamento, già nell’era del governo Draghi. Alla Camera l’interrogazione l’ha presentata Matilde Siracusano di Forza Italia, che ha chiesto lumi sui lavori della Commissione ministeriale istituita a settembre dall’allora ministra Paola De Micheli, per la valutazione delle proposte progettuali per l’attraversamento dello Stretto. 

Le ha risposto venerdì il sottosegretario alle Infrastrutture, il leghista Alessandro Morelli, che a nome del Governo ha spiegato che la commissione ha avviato la conclusione dei lavori per l’elaborazione della relativa relazione. Risposta non troppo specifica. Cui la Siracusano ha replicato sottolineando come le risorse europee, in arrivo per il nostro Paese, potrebbero essere utilizzate – se non per il Ponte, visti i tempi stretti – per realizzare le opere di collegamento, dato che l’opera va nel senso della transizione ecologica, riducendo dell’80% le emissioni di CO2 oggi prodotte dalle navi traghetto e dagli aerei che collegano la Sicilia al Continente.

Oltre al tema ambientale, il ponte sullo Stretto aprirebbe scenari inediti per tutto il Sud a livello trasportistico. Da Salerno a Reggio Calabria la linea ferroviaria diventerebbe ad alta velocità e, superato a 300 km/h il breve tratto di mare tra Piale e Margi, una nuova linea ferroviaria andrebbe fino a Catania e poi a Palermo concludendo quel corridoio del Ten Network che parte da Oslo, arriva in Danimarca e scende dalla Germania all’Austria e arriva in Italia dal Brennero, e poi da Verona scende la penisola. Passeggeri e merci, trasformerebbero Calabria e Sicilia in hub mondiale di turismo e commerci.

WeBuild, come detto, punta tutto sul progetto di Eurolink che è già stato approvato nel 2011. Costo dell’investimento, aggiornato al 2021, 8,56 miliardi, e durata dei lavori circa sei anni, sufficienti a realizzare la struttura a campata unica più lunga al mondo: 3,3 chilometri, mentre l’intero ponte sarebbe lungo 3,66 chilometri. La struttura sarebbe sostenuta da due torri alte 400 metri, che sarebbero gli edifici più alti d’Italia. La struttura è tarata per reggere eventi sismici del massimo livello, l’impalcato sarebbe di 61 metri, dove correrebbero 6 corsie stradali e due binari ferroviari. Il costo complessivo sarebbe così suddiviso: 6 miliardi sarebbero per la costruzione; 2.105 milioni di euro di oneri finanziari; 221 milioni costi della struttura in costruzione; 237 milioni riserva debito.

A questi andrebbero aggiunti 1.344 milioni di opere accessorie, escluse le linee Tav. La leva finanziaria sarebbe al 90% debito e al 10% con mezzi propri, con risorse in arrivo da settori privato/pubblico, oppure soggetti a controllo pubblico non consolidati nel bilancio dello Stato come Rfi, Cdp e Anas.

Per lo Stato si avrebbero circa 8 miliardi di nuove entrate nella sola fase di costruzione, mentre nei 30 anni di gestione, sarebbero generate da tutto l’indotto entrate erariali per 107 miliardi, oltre a 118mila nuovi occupati tra assunzioni dirette e indotto, con un incremento dello 0,5% del tasso di occupazione nazionale e un incremento dello 0,2% del Pil italiano.

Come scriveva fino a poco tempo fa il giornalista Tony Zermo – forse il più grande sostenitore siciliano dell’opera – sul quotidiano  La Sicilia «l’Isola ha un solo grande progetto pronto e persino immediatamente cantierabile, e cioè il Ponte sullo Stretto, quello che sarebbe il più lungo del mondo con un tracciato di 3.300 metri, e che forse per questo fa paura a chi non guarda al di là del proprio naso: nonostante che darebbe lavoro a 40mila addetti per dieci anni nelle due regioni al più alto tasso di disoccupazione».

Il dibattito sul Ponte è come sempre aperto. In attesa che il ministro Enrico Giovannini dia il via libera alla relazione della commissione, l’unica certezza è che il ponte potrà accedere alle risorse messe a disposizione dai fondi comunitari, quindi le risorse non spese del Fondo Coesione e Sviluppo 2014-2020, pari a circa 30 miliardi di euro, le risorse del Fondo Coesione e Sviluppo 2021-2027 e le risorse del Fondo Reti TEN-T ferroviarie. A cui potrebbero aggiungersi quelle di Next Generation Eu. Ma bisogna partire in fretta per averne una parte. Da qui l’attesa per conoscere l’esito del lavoro della commissione ministeriale. 

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