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Regione, Scilla e Zambuto assessori ma Forza Italia si spacca

Di Mario Barresi |

Catania – La fumata bianca c’è stata. A tarda sera, smaltite le tossine di una giornata vissuta sull’altalena di emozioni e sensazioni diverse, compresa quella che a un certo punto saltasse tutto. Oggi i due nuovi assessori regionali firmeranno le deleghe: il mazarese Toni Scilla all’Agricoltura e Pesca e l’agrigentino Marco Zambuto alle Autonomie locali e Funzione pubblica. Prendono il posto rispettivamente di Edy Bandiera e di Bernardette Grasso. Il che, detto così, sembra la naturale conclusione di una trattativa ormai scontata. Ma non è stato così.

E dire che il cambio dei due assessori regionali di Forza Italia sembrava cosa fatta. Tant’è che ieri Nello Musumeci ha già sul tavolo le lettere di dimissioni di Bandiera (con aspirazioni da candidato sindaco del centrodestra a Siracusa) e Grasso (nominata coordinatrice di Fi nel Messinese). E anche il fatto che uno dei punti dell’ordine, l’ultimo, della giunta regionale fosse «comunicazioni del Presidente della Regione» fa pensare che ieri sarebbe stato il giorno del rimpastino. In un’atmosfera da giorno d’addio, con le legittime emozioni per gli uscenti, comprese le lacrime di commozione non trattenute dall’assessora Grasso, la partita sembra chiusa. Tanto più che c’è la quadra sui nomi dei due forzisti entranti: Zambuto e Scilla. Il tutto, con buona pace delle quota rosa (con questi ingressi nel governo Musumeci non ci sarebbero più donne), in un sottilissimo equilibrio fra il governatore e Gianfranco Miccichè. Musumeci, infatti, soprassiede sulle perplessità manifestate su Scilla (che per il leader regionale azzurro è «un nome su cui non si tratta», anche rischiando gli strali del trapanese Stefano Pellegrino), in forza del gradimento invece espresso per Zambuto, molto vicino alla musumeciana Giusi Savarino, detentore di un robusto feeling col governatore e con Ruggero Razza scoccato nell’ultima campagna elettorale ad Agrigento. Infine, dunque, le convenienze parallele trovano un punto d’incontro: Musumeci inghiotte Scilla in cambio di Zambuto.

CORO DI CRITICHE PER L’ASSENZA DI DONNE IN GIUNTA. FAVA: «RIMPASTINO “VIRILE”»

Ma le cose si complicano nel pomeriggio. Soprattutto sulle deleghe da assegnare ai due. Perché Miccichè dà per scontata l’Agricoltura a Scilla (in prima linea nelle vertenze dei pescatori della sua zona), mentre Riccardo Gallo, ras forzista agrigentino, rivendica lo stesso assessorato per Zambuto. E così, seppur per poco, tornano in pista i nomi del favarese Vincenzo Giambrone e della deputata Margherita La Rocca Ruvolo, ma soprattutto quello del nisseno Michele Mancuso come exit strategy non girgentana. Nella trattativa avrebbero pesato anche le perplessità espresse da molti, dentro il partito, sull’incarico a Zambuto, ex sindaco di Agrigento (candidato sconfitto alle ultime elezioni), ma soprattutto presidente regionale del Pd all’epoca in cui lo stesso Gallo lo portò con sé ad Arcore in una visita a Silvio Berlusconi che suscitò scandalo fra i dem. Zambuto, fra l’altro, è fra i nemici giurati di Roberto Di Mauro, autonomista protagonista dell’accordo con la Lega: un altro elemento che, per alcuni big forzisti, «avrebbe suggerito di evitare la scelta». Ma se saltava Zambuto rischiava di saltare anche Scilla, e dunque tutto il “rimpastino”. E così, dopo un vertice serale nello studio della Presidenza dell’Ars, Miccichè e Gallo trovano l’accordo: l’Agricoltura va a Scilla, mentre Zambuto prende le Autonomie locali. Con un «non meglio identificato prezzo da pagare», secondo i rumors forzisti, per il viceré berlusconiano nei confronti del potente deputato agrigentino. Per Musumeci il massimo risultato con il minimo costo: il tormentone del rimpasto è chiuso. Per ora.

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