L'INTERVISTA
Musumeci, gelo sulla Corte dei Conti: «Un giudice ex assessore di sinistra»
CATANIA – «La spesa della Regione sta raggiungendo livelli record, ora sì che si vedono i risultati della semina. Il raccolto è appena cominciato». Fondi Ue, imprese finanziate, stabilizzazioni, corsi di formazione, procedure Urega. Nello Musumeci dà i numeri. Tutti col segno “più”, nel confronto fra i primi suoi due anni e l’ultimo biennio di Rosario Crocetta.
Presidente, cos’è una riedizione del celebre spot “ti piace vincere facile”?
«Non mi piace fare paragoni con il mio predecessore. Gli invidio solo il fatto che lui avesse all’Ars una maggioranza elefantiaca: 62 su 90. In assenza di quei numeri si va avanti. Sono convinto che la stagione delle riforme sia per metà consacrata nei ddl all’esame delle commissioni competenti all’Ars, alcuni dei quali sono già leggi. Per me ogni tappa non è un punto di arrivo, ma l’inizio di un nuovo percorso».
Che passa dal salto di qualità, certificato dai suoi dati, sulla capacità di spesa.
«L’obiettivo, al mio insediamento, era quello di accelerare sulla spesa pubblica. Con una programmazione che in parte abbiamo già trovato definita nel 2014 e in parte frutto di iniziative del nostro governo. Tanto nell’uno quanto nell’altro caso, il “nemico” è stato e continua a essere la procedura burocratica. Da una parte le leggi nazionali e regionali che sembrano concepite per frenare la spesa pubblica, dall’altra la perdurante incertezza che anima l’operato dei burocrati chiamati a vivere sotto l’incubo di Corte dei conti, Procura, magistratura amministrativa. E scatta, inesorabile quell’“io tengo famiglia”…».
Da qui la richiesta a Roma: non soldi, ma deroghe sulle procedure. Ma non pare che nel governo, a partire dal ministro Provenzano, siano d’accordo con la sua tesi…
«Bisognerebbe chiederlo a loro. Come si può pensare alla crescita del Sud e della Sicilia senza spendere denaro? Tanto più che, dopo che la Sicilia ha certificato più del limite posto dall’Ue nel 2018 e nel 2019, non regge più la favoletta della Regione incapace che restituisce risorse a Bruxelles».
Come spiega l’inversione di tendenza sulla spesa pubblica?
«Siamo riusciti a creare un clima di squadra fra la parte tecnica e amministrativa più particolarmente sensibile e responsabile e dall’altra parte un organo di governo che ha garantito stabilità, con due soli assessori sostituiti in 26 mesi a fronte della trentina cambiati da Crocetta nei primi due anni. Una giunta coesa e fatta per 10/12 di assessori alla prima esperienza».
Ma è davvero tutto rose e fiori?
«Nonostante questo risultato non tema paragoni con il passato, avvertiamo l’esigenza di dovere fare di più. Si cresce se crescono gli investimenti pubblici e privati. Dobbiamo investire ancora di più su questo circolo virtuoso: riqualificazione territoriale, crescita dei consumi e miglioramento delle condizioni sociali. Servono infrastrutture, qualità dell’ambiente e servizi che puntino a una riconversione di un modello di sviluppo caratterizzato da agricoltura di qualità, industrie di trasformazione e servizi legati essenzialmente al turismo».
Ha detto: mi ricandido se completo il 60% del programma. Ma come si fa a calcolarlo, a sapere quanto manca?
«Ancora è presto, non siamo neanche a metà strada. Una valutazione con assoluta serenità nessuno meglio di me potrà farla. I parametri? L’entità della spesa, comunitaria ed extracomunitaria, i dati di Istat, istituti di credito, associazioni di categoria, come l’Ance che certifica come costruzioni ed edilizia stiano tornando a respirare».
A proposito di parametri: quelli della Corte dei conti sono ancora negativi.
«Mi rifiuto di esprimere valutazioni sulla Corte dei conti».
Ma è vero che sulle prospettive di crescita la Sicilia dovrà volare più basso.
«Mi rifiuto di esprimere valutazioni sulla Corte dei conti».
Anche quando dice che i conti, alla Regione, non tornano?
«Ho grande rispetto per tutta la magistratura ordinaria, amministrativa e contabile. E sono convinto che chi amministra debba essere al di sopra di ogni sospetto. Ma credo debba esserlo anche il magistrato che esamina l’operato dell’amministratore».
A chi si riferisce, presidente?
«Ho saputo, ad esempio, che uno dei relatori del mio operato è un magistrato laico ex assessore di una giunta di centrosinistra nel Comune di Palermo».
Sta denunciando un conflitto di interessi nella magistratura contabile che si occupa dei conti della Regione?
«Credo che in termini di opportunità qualche problema ci sia».
È pronto per il “tagliando” da fare alla giunta a metà mandato?
«Farò una valutazione con le forze politiche della coalizione. Capiremo se sarà necessaria qualche sostituzione».
E magari sarà il momento proprio per l’ingresso trionfale della Lega nel governo Musumeci…
«Per ora il tema non s’è posto, né da parte nostra né della Lega. Se la Lega dovesse avanzare richieste sarò felice di poterne prendere atto e di essere consequenziale».
DiventeràBellissima sta per scegliere la sua sorte politica. Che sembra orientata alla federazione con Salvini.
«Ho sempre detto che la sorte del mio movimento la decide il movimento. Il coordinatore regionale, Gino Ioppolo, ha convocato la direzione venerdì (domani, ndr): si parlerà di elezioni amministrative e credo anche di prospettive future, che saranno discusse in una successiva assemblea».
Non teme che il suo elettorato “personale”, trasversale e non solo di destra, sia impaurito se non sdegnato da un patto con Salvini?
«Il mio movimento non ha ancora fatto né anticipato alleanze: ne ho letto sul vostro giornale. Siamo nati per essere nel centrodestra. E le tre forze politiche che lo compongono sono assolutamente legittimate a esprimere speranze, malessere e sentimenti dei siciliani. Non credo che ci siano forze anti-costituzionali o anti-siciliane».
Quindi nulla osta al patto con la Lega?
«La Sicilia, fra 10-15 anni, sarà centrale nel Mediterraneo, attraente e competitiva nel bacino euro-afro-asiatico. Scaleremo le classifiche che da molti anni ci vedono agli ultimi posti fra le regioni italiane. E dimostreremo che questa terra è redimibile».
Fino a diventare bellissima? O magari si accontenterebbe di un po’ meno brutta?
«Questa terra, diceva Paolo Borsellino, diventerà bellissima. Ma non credo lo immaginasse per il giorno dopo. Noi ci stiamo impegnando per lasciare una Sicilia diversa ai nostri nipoti. A noi spetta lavorare sodo e cancellare un modello di governo che per troppi anni si è servito della Sicilia invece di servirla».
Twitter: @MarioBarresi
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