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«Prima i siciliani», la svolta politica di Nello Musumeci (che piace tanto a Salvini)

Di Redazione |

CATANIA – Dirà a voce alta «prima i siciliani», in un contenitore che, a regime, sarà l’anima gemella meridionalista della Lega che cresce ma non sfonda al Sud. Nello Musumeci non è uno che fa scelte di pancia. Preferisce stare fermo (così come ha fatto alle Europee), piuttosto che buttarsi nella mischia se non ne vale la pena.

Ma stavolta è diverso. I tempi sono maturi. Il governatore ha deciso: sabato prossimo, in piazza Verdi a Palermo, ufficializzerà la “fase 2” di DiventeràBellissima. E, di fatto, il suo new deal: non più soltanto «uomo impegnato nel governo della Regione», in quest’anno e mezzo allergico ai vertici della sua “maggioranza-non maggioranza”, ma leader politico che, partendo dal suo ruolo istituzionale nell’Isola, aspira a «sedersi al tavolo nazionale della ricomposizione del nuovo centrodestra». I suoi non nascondono più il piano, smozzicato in minima parte anche dal diretto interessato ai cronisti: un movimento «alla sinistra della Lega» (ma comunque alla destra di Forza Italia) con un forte radicamento territoriale. Con la possibilità di dialogare con gli altri governatori di centrodestra filo-sovranisti (Giovanni Toti in Liguria e Alberto Cirio in Piemonte), ma senza la smania di confluire in un unico box.

«Le elezioni nazionali si vincono al Sud». Questo il punto di partenza della strategia. E che sta tutto nella “svolta razzista” (nel senso di Razza, Ruggero, assessore regionale e ascoltato sherpa) di Musumeci. Una semplice opzione che ormai è diventata una consapevolezza forte nel governatore. DiventeràBellissima, a prescindere dalle elezioni politiche anticipate (che potrebbero solo accelerare il percorso) si trasforma in un nuovo soggetto con la missione di «mettere la Sicilia al centro di un rapporto federativo con una forza nazionale di centrodestra». Il che, al netto del politichese, significa un patto con Matteo Salvini. Con tre tappe: un accordo politico, un asse istituzionale, un’alleanza elettorale. E una reciproca convenienza: il leader del Carroccio vuole rafforzarsi in Sicilia, con la prospettiva di seguire lo stesso modello in altre regioni del Sud, con l’obiettivo di diventare vincente nei collegi uninominali, oggi monopolio giallo dei grillini, per il tramite di una forza che potrebbe permettergli anche di fare a meno di Forza Italia; il presidente della Regione spicca un salto nel salotto della politica nazionale, presidia in Sicilia una «prateria» del “destra-centro”, con molti voti in palio e zero leader regionali, e rafforza un asse col vicepremier del Carroccio utilissimo per il governo regionale.

Un «partito del Sud», con un’iniziale propulsione sicilianista, «ma evitando gli errori degli autonomisti del passato», è in buona sostanza il progetto che Musumeci presenterà a Palermo. Una «proposta forte e innovativa», dicono a Palazzo d’Orléans, con l’ambizione di «coinvolgere anche parlamentari nazionali di diventarne voci e interpreti». Certo, la formazione di gruppi alla Camera e al Senato per adesso è utopia. «Ma bisogna pensare in grande», dice chi è in prima linea nel nuovo scenario. Che stuzzica anche la fantasia di tanti potenziali alleati. «Nello adesso deve osare, buttarsi. Se decide di non andare più a folle di discesa sulla Militello-Scordia, ma di accelerare salendo su una nuova macchina, potrebbe avere subito un gruppo di 25 deputati all’Ars», sussurra chi conosce Musumeci (e quelle strade) da sempre.

Ma l’orizzonte non è Sala d’Ercole, dove il recente via libera alle leggi governative ha ringalluzzito la coalizione. Potrebbero esserci dei nuovi acquisiti subito dopo l’estate (Edy Tamajo in Forza Italia e Luisa Lantieri nei centristi), ma il punto non è questo. Né sarà decisivo il “rimpastino”, che potrebbe diventare un po’ più robusto di quanto annunciato. Dopo la commemorazione di Sebastiano Tusa, prevista proprio oggi, si potrà parlare del nuovo assessore ai Beni culturali: né Rosalba Panvini, né Carmelo Briguglio, né Ignazio Buttitta. «Siete fuori strada: la scelta, personale, del presidente sarà un’altra», è l’indizio per i giornalisti curiosi. Certo, invece, che al Turismo il posto di Sandro Pappalardo sarà preso da Manlio Messina: quest’ultimo nome è stato indicato da Ignazio La Russa come «scelta graditissima» a Giorgia Meloni. E Musumeci, che – nonostante la rottura dei rapporti con Raffaele Stancanelli – ha appena avuto «una lunga e cordiale telefonata» con la leader di Fratelli d’Italia, non ha alcuna remora nell’accontentarla.

Soltanto due cambi in giunta? Il governatore, pur ripetendo il suo mantra («io non sono Crocetta che cambia assessori come calzini») ha fatto sapere ai leader alleati che «darà ai partiti la possibilità di qualche aggiustamento, riservandosi di decidere sulle proposte». Musica per le orecchie di Gianfranco Miccichè, che non vede l’ora di chiedere la testa di Gaetano Armao, già definito «ex assessore». C’è chi per il vicepresidente vaticina addirittura il ruolo di sottosegretario “tecnico”, gradito alla Lega e non sgradito ad alcuni ambienti grillini. Eppure il governatore (che vedrà il commissario di Forza Italia in settimana) non sembra orientato a mollare Armao. Altre voci azzurre sugli assessori Edy Bandiera (per lui pronto un posto all’Esa?) e Bernardette Grasso (Miccichè la vedrebbe bene come capogruppo all’Ars, in alternativa a Tommaso Calderone, per sostituire Giuseppe Milazzo che andrà a Bruxelles), ma chi conosce Musumeci sa che «più cambiamenti gli si chiedono e meno possibilità ci sono di cambiare». Anche per non innescare la faida interna fra Popolari e Autonomisti, con quest’ultimi che si sentono «sottodimensionati» rispetto ai due assessori (Roberto Lagalla e Toto Cordaro) dei “cugini”.

«Alla fine Musumeci cambierà il meno possibile», dicono i suoi. Consapevoli anche che smuovere troppo le acque potrebbe indebolire il progetto del «partito sicilianista del Sud». Per costruire il quale «il presidente sta parlando con tutti». Anche con i berlusconiani. Ed è proprio questo l’aspetto che stuzzica Salvini. Che, per prendersi i collegi siciliani, se davvero vuole rinunciare all’alleanza con Forza Italia, ha bisogno di «qualcosa di più». Un nuovo partito, con la garanzia dell’“unico pizzo che piace ai siciliani”. Drenando un bel po’ di voti, non proprio tutti di Musumeci: forzisti, autonomisti, centristi. Tutti destinati, più per necessità che per voglia, a diventare “diversamente sovranisti”. Con un unico coro. Quel «prima i siciliani» che sembra un anacoluto rispetto alle idee di Salvini e Meloni. Ma è il futuro.

Twitter: @MarioBarresi

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