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Sul dissesto del territorio in Sicilia avanti piano: finirà come con il Mose a Venezia?

Di Giuseppe Bianca |

Palermo – La messa in sicurezza del territorio siciliano non passa soltanto dal miliardo di euro che la Regione, a più riprese ha messo in campo, ma necessita di un parco nuovo di progetti cantierabili per non rimanere indietro con la pianificazione e la prevenzione degli interventi. Ne è convinto Maurizio Croce, commissario straordinario contro il dissesto idrogeologico, ed ex assessore regionale al Territorio del governo Crocetta che stila una tabella precisa delle cose da fare e della tempistica che occorre alla Sicilia: «Dopo aver fornito la dotazione per 250 milioni di euro in cantieri si pone adesso il problema di aprirne di nuovi per fronteggiare l’emergenza», afferma, stabilendo di fatto il principio per cui se non siamo all’anno zero della nuova progettazione poco ci manca.

E su questo riparte il leit motiv che già lo stesso governatore siciliano Nello Musumeci aveva ampiamente sviscerato nelle ultime settimane, di una serie di misure autorizzative di semplificazione da parte del governo nazionale, che possano far camminare le cose. In dettaglio Croce spiega: «Oggi è molto più complicato portare avanti una procedura sui servizi di ingegneria che sui lavori perché lo Sbloccacantieri ha consentito il massimo ribasso per le opere fino a 5 milioni di euro e si evitano le valutazioni tecniche più complesse, ma sui servizi questa deroga in realtà non c’è».

Una prima soluzione potrebbe essere quella, al momento non prevista dalla legge, di poter scegliere l’affidatario per soluzioni tecniche comprese tra i 150mila e i 200mila euro. Nel sistema di deroghe finalizzato al miglioramento dell’esistente, ma soprattutto alla facilitazione di quel che deve essere progettato occorre dunque «semplificare, snellire e accelerare», chiarisce Croce. La messa in sicurezza del territorio siciliano tra l’altro vista la massa delle cifre reali di spesa, si candida a diventare uno dei principali capitoli della spesa europea, un traino che solitamente è garantito da quanto certifica e porta avanti il dipartimento ai Lavori pubblici «servono deroghe minime per mettere in sicurezza la Sicilia, non se ne chiedono per costruire scuole o chiese, ma per ottimizzare i rischi».

Per il commissario Maurizio Croce la Sicilia non corre il rischio di vedersi ritorcere contro le opere da completare, che pure non mancano, come nel caso della vicenda che ha riguardato il Mose di Venezia «non ci sono opere che sono rimaste incompiute che incidono in termini di sicurezza per il territorio» – chiarisce. Rimane l’imperativo di ottimizzare il rapporto tra l’accelerazione sulle opere da finire, il completamento e la prevenzione sui tempi di ritorno degli eventi calamitosi, una delle cifre essenziali del lavoro da portare avanti nell’Isola «è fin troppo ovvio ribadire che la prevenzione riduce di molto il rischio: in questo senso i 50 milioni di euro utilizzati negli ultimi due anni per la pulizia ordinaria e straordinaria dei fiumi e dei torrenti sono stati un primo importante passo, ma occorre fare scelte precise per un minore consumo del suolo». In questa direzione dovrebbe peraltro andare la legge di riforma dell’Urbanistica del governo regionale, rimasta in stand by.

Una mappatura del territorio infine che sia in grado di scovare e neutralizzare «tutti gli aspetti vulnerabili», conclude l’ex assessore regionale, è il passaggio di continuità che serve con il passato per completare il quadro, già migliorato della messa in sicurezza, ma ancora molto migliorabile.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA