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Villafrati, “inchino” mafioso durante processione Corpus Domini

Di Redazione |

PALERMO – Ennesimo caso di un “inchino” alla mafia durante iniziative religiose in Sicilia. L’ultimo episodio a Villafrati, nel Palermitano, dove domenica scorsa l’arciprete ha fermato la processione del Corpus Domini davanti alla casa di un capomafia in carcere, Ciro Badami, uno dei fedelissimi di Bernardo Provenzano. Una sosta non prevista decisa da don Guglielmo Bivona, che avrebbe anche scambiato un saluto con la moglie del boss. Il maresciallo e il sindaco si sono subito allontanati dalla processione. L’episodio è stato segnalato alla Procura, al prefetto, e all’arcivescovo di Palermo.

«Se quel sacerdote fosse stato un mio assessore lo avrei già cacciato», ha commentato Francesco Agnello, sindaco alla guida una giunta di centrosinistra. «Io – ha aggiunto – non so se il sacerdote sapesse o meno che quella è l’abitazione di un mafioso condannato: c’era la porta aperta, accanto era stato sistemato un piccolo altare. Ma non ci possono essere equivoci davanti a certe situazioni». Un precedente eclatante avvenne il 29 maggio 2016 a Corleone, quando la processione per San Giovanni Evangelista arrivò davanti alla casa della famiglia Riina, e, secondo polizia e carabinieri, il confrate Leoluca Grizzaffi, 36 anni, suonò la campanella e tutti si fermarono, proprio lì in via Scorsone 24. Il motivo? Per ossequiare la famiglia del defunto capo di Cosa nostra, secondo l’accusa. Il sacerdote, il 24 ottobre 2018, in primo grado, è stato condannato a sei mesi di reclusione dal Tribunale di Termini Imerese per quell'”inchino”.

Altri due episodi nel Catanese. Il 2 dicembre del 2015 a Paternò, con un doppio ‘inchinò davanti alla casa di Salvatore Assinnata storico boss legato alla famiglia Santapaola. Due cerai che erano in processione per la festa della Patrona, Santa Barbara, si sono fermati davanti alla sua abitazione. I portatori hanno eseguito a turno il classico ‘dondolamentò simulando un inchino reverenziale. Gesto non gradito però dal capomafia perché preferiva «non attirare l’attenzione», dirà poi intercettato. Il 25 marzo 2016 a San Michele di Garanzia, durante la processione del Venerdì Santo, la bara con il Cristo Morto ha deviato il percorso previsto, con il forte dissenso di sindaco, parroco e del comandante della locale stazione dell’Arma per raggiungere lo slargo dove c’è la casa dei familiari del boss Francesco La Rocca.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA