Cronaca
Fallimenti pilotati, arresti e maxisequestro per la famiglia Tilenni
CATANIA – Arresti e maxisequestro per la famiglia Tilenni, prorpietaria di diversi supermercati in provincia di Catania. Su delega della Procura etnea, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari e reali emessa dal Gip del Tribunale etneo nei confronti dei due fratelli Tilenni, sottoposti alla misura degli arresti domiciliari per la perpetrazione sistematica di bancarotte fraudolente (patrimoniali e documentali) e reati tributari (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) connessi alla gestione di società operanti nella produzione e commercializzazione di prodotti lattiero/caseari sull’intero territorio nazionale, anche per la grande distribuzione, nonché della gestione diretta di supermercati a marchio proprio.
Con il medesimo provvedimento è stato altresì disposto il sequestro preventivo di un complesso aziendale costituito da un caseificio a Maniace (Catania) e da 7 supermercati ubicati in vari comuni della provincia etnea (Bronte, Randazzo, Adrano, Paternò, Maletto e Misterbianco), nonché delle quote sociali e dell’intero patrimonio aziendale di 2 società (comprendenti beni immobili, mobili, disponibilità finanziarie, avviamento, crediti, articoli risultanti dall’inventario, beni strumentali, nonché tutte le eventuali autorizzazioni all’esercizio delle attività commerciali nonché ogni altro bene), per un complessivo valore stimabile in 1 milione di euro, tutti oggetto di condotte distrattive.
Le indagini investigative hanno rivelato l’esistenza di un collaudato sistema fraudolento posto in essere da un gruppo familiare di imprenditori, finalizzato alla sottrazione del pagamento imposte per un valore complessivo superiore a 3 milioni di euro e la contestuale elusione di procedure esecutive e concorsuali.
Il sistema fraudolento è stato posto in essere dagli amministratori di fatto e di diritto delle varie società coinvolte, nelle persone dei fratelli Antonio Tilenni (classe 1969) e Sebastiano Tilenni (classe 1970), entrambi destinatari della misura cautelare degli arresti domiciliari, nonché di Maria Pia Tilenni (classe 1994 e figlia di Antonio), quest’ultima indagata per il reato di bancarotta fraudolenta.
L’indagine delle fiamme gialle etnee inizialmente si è focalizzata sulla gestione della “Latticini S.r.l. – già Tilenni S.r.l.” – dichiarata fallita in data 28 marzo 2019, nonché delle ulteriori società – tutte facenti capo, a vario titolo, al medesimo contesto imprenditoriale costituito da componenti la famiglia Tilenni – alle quali nel tempo sono state conferite e suddivise le attività aziendali inizialmente in capo alla fallita Latticini, costituite nello specifico da un caseificio e da sette punti vendita nella provincia di Catania.
Mediante la stipula di appositi atti di “locazione e sub-locazione di rami d’azienda”, la fallita “Latticini S.r.l.” ha provveduto a cedere in affitto tutti i beni di sua proprietà privandosi della propria capacità di produrre e divenendo, nel concreto, una scatola vuota ovvero un contenitore di soli debiti tanto da divenire inattiva ed essere posta in liquidazione.
Di contro le nuove entità giuridiche, tutte riconducibili al medesimo contesto imprenditoriale, in pratica hanno ottenuto dalla “Latticini S.r.l.” ormai prossima al fallimento – che ha tentato invano di scongiurare trasferendo la propria sede a Ragusa al pari di altre società facenti capo sempre alla famiglia Tilenni – gli elementi patrimoniali positivi, acquisendoli a condizioni economiche di assoluto vantaggio, a danno dell’Erario, degli enti previdenziali e delle banche che sono rimasti, nei fatti, gli unici creditori non soddisfatti.
Gli elementi accertati nel corso delle attività investigative, hanno dato contezza di un sistema imprenditoriale posto in essere con sistematica violazione delle leggi tributarie, evidenziando un’artificiosità di meccanismi illeciti e la loro riproposizione costante nel tempo mediante la costituzione e l’utilizzo di nuove società e il contestuale abbandono delle vecchie “bad company” allorquando queste ultime erano eccessivamente gravate da debiti.
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