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Condannato a 13 anni il gioielliere di Nicolosi che uccise i banditi in fuga

Di Redazione |

CATANIA – La Corte d’assise di Catania ha condannato a 13 anni di reclusione, per duplice omicidio e tentativo di omicidio, il gioielliere di Nicolosi, Guido Gianni, di 57 anni, che il 18 febbraio del 2008 uccise due rapinatori e ne ferì un terzo che avevano assaltato il suo negozio, minacciando di uccidere la moglie con una pistola poi risultata a salve e senza il tappo rosso.

Il Pm aveva chiesto la condanna a 17 anni. I difensori avevano chiesto l’assoluzione per legittima difesa. I giudici  invece hanno deciso per una pena detentiva di 13 anni e hanno disposto un risarcimento per le parti civili: i familiari delle due persone uccise, Davide Laudani e Sebastiano Catania, e il ferito, Fabio Pappalardo.

Secondo l’accusa, l’uomo dopo avere ingaggiato una colluttazione con i banditi li avrebbe feriti, ma i colpi mortali sarebbero stati esplosi mentre fuggivano e i tre sarebbero stati centrati alle spalle.

I legali del gioielliere, gli avvocati Orazio Gulisano e Michele Liuzzo, che hanno annunciato ricorso, hanno conitnuamente sostenuto la tesi della legittima difesa e che la mente di Gianni in quel momento fosse «offuscata» dall’aggressione subita dalla moglie da parte dei rapinatori. Sul caso indagarono i carabinieri.

Non erano ancora le 19 quando quel 18 febbraio del 2008 un giovane si presentò alla gioielleria con annesso laboratorio di oreficeria. La signora Mariangela, titolare dell’esercizio commerciale, credeva fosse un normale cliente e aprì la porta blindata. Alle spalle del primo bandito però, che era a volto scoperto, arrivarono i due complici camuffati con un passamontagna azzurro e tenendo in mano una pistola, ritrovata e risultata giocattolo, ma perfettamente simile a una vera e priva del tappo rosso d’identificazione. I banditi chiesero soldi e gioielli, minacciando la signora.

Il marito della donna, che lavorava nel retrobottega, intervenne armato della pistola 9×21, detenuta regolarmente e che già anni prima gli aveva permesso di sventare un’altra rapina. Il gioielliere sparò un paio di colpi in aria a scopo intimidatorio ma la reazione dei malviventi portò prima all’aggressione della moglie dell’uomo, minacciata e percossa e poi ad una colluttazione con Gianni, nel frattempo uscito dal retrobottega.

Minacciato e con l’arma puntatagli contro, l’orafo sparò durante la colluttazione e dalla ricostruzione dei periti il gioielliere avrebbe ferito e colpito mortalmente mentre fuggivano, centrandoli alle spalle. Morirono in due, entrambi ventunenni: Davide Laudani e Sebastiano Catania, di Aci Catena; uno fu trovato a terra davanti la gioielleria, l’altro poco lontano, agonizzante e, morì durante i soccorsi.

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