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Operazione Zeta, così il boss Maurizio Zuccaro comandava a Catania dal carcere

Di Redazione |

CATANIA – Il boss Maurizio Zuccaro, ritenuto elemento apicale della “famiglia” Santapaola-Ercolano, continuava a gestire il suo gruppo, quello di San Cocimo a Catania, tramite la moglie, Graziella Acciarito, e i due figli, Rosario e Filippo. E’ quanto emerge dal blitz “Operazione Zeta” della squadra mobile di Catania che ha eseguito un’ordinanza cautelare del Gip, emessa su richiesta della Dda della Procura, nei confronti di 14 indagati. Undici sono stati arrestati, due provvedimenti sono stati notificati in carcere e uno dei destinatari è irreperibile.

Tra gli arrestati la moglie, i due figli del boss e anche Luigi Gambino, ritenuti i capi del gruppo, e Angelo Testa, cugino di Maurizio Zuccaro. Il capomafia, secondo quanto emerso dalle indagini, tramite i suoi familiari «continuava ad impartire ordini ai propri accoliti, acquisendo anche quote di partecipazione in attività economiche che venivano intestate a prestanome» come avvenuto per un ristorante del lungomare Ognina.

Inoltre il gruppo avrebbe costretto il gestore e l’amministratore di una nota discoteca a versare la somma di 3.000 euro e ad assumere loro familiari e appartenenti al sodalizio come addetti alla sicurezza nel locale notturno. Un episodio che ha fatto nascere contrasti con esponenti del clan mafioso Cappello-Bonaccorsi, rappresentati da Salvatore Massimiliano Salvo, che avevano contatti precedenti con la discoteca.

Le indagini sul gruppo erano state avviate, nel giugno del 2016, dopo un tentativo di estorsione al titolare di un parcheggio nella zona dell’aeroporto di Catania che al telefono era stato minacciato: «abbessa (prepara, ndr) 100.000 uro, se no facciamo saltare tutto in aria, oppure cercati l’amico!».

La polizia, tramite intercettazioni, era risalita agli autori, Giuseppe Verderame e Simone Giuseppe Piazza, e che l’estorsione era gestita dal gruppo di San Cocimo. A Rosario Zuccaro la Procura contesta anche il reato di usura aggravata: è accusato di avere prestato a un commerciante, in due soluzioni, 4.000 euro, al tasso mensile del 10%.

L’ordinanza di applicazione di misure cautelari in carcere, emessa dal gip del Tribunale etneo, è stata notificata a Maurizio Zuccaro, 58 anni, già detenuto; Rosario Zuccaro, 37 anni; Filippo Zuccaro, 34 anni, detto “Andrea Zeta”, noto cantante neomelodico catanese; Luigi Gambino, 52 anni, detto “Gino ‘u longu”; Angelo Testa, 50 anni, già sottoposto alla sorveglianza speciale; Carmelo Giuffrida, 51 anni, detto “Melu ‘u pisciaru”, già sottoposto alla sorveglianza speciale; Francesco Ragusa, 50 anni, detto “Francu ‘u sceriffu”; Michele Colajanni, 53 anni; Giuseppe Verderame, 65 anni, già sottoposto agli arresti domiciliari; Simone Giuseppe Piazza, 33 anni, già detenuto; Giovanni Fabio La Spina, 34 anni. Mentre sono finiti ai domiciliari Graziella Acciarito, 55 anni, moglie di Maurizio Zuccaro; e Michela Gravagno, 35 anni. Tutti gli arrestati sono stati accompagnati presso la casa circondariale di Catania “Bicocca”.

Tutti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi e reati in materia di droga, con l’aggravante di avere commesso i fatti per agevolare il clan facente capo a Maurizio Zuccaro, appartenente alla cosca mafiosa Santapaola – Ercolano.

Il provvedimento restrittivo compendia gli esiti di attività di indagine di tipo tecnico, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catania e condotta dalla Squadra Mobile nell’arco temporale giugno 2016 – maggio 2017, che ha consentito di ricostruire la composizione nonchè le attività illecite del clan Santapaola – Ercolano – gruppo di “San Cocimo”, articolazione operativa del clan mafioso radicata nella zona cittadina compresa tra piazza Machiavelli ed il “Castello Ursino”, storicamente capeggiata da Maurizio Zuccaro, elemento indicato al vertice del clan Santapaola – Ercolano. 

La polizia ha accertato che Maurizio Zuccaro, attraverso i figli Rosario e Filippo e la moglie Graziella, nonostante fosse detenuto avrebbe continuato ad impartire ordini ai propri accoliti, acquisendo anche quote di partecipazione in attività economiche che venivano intestate a prestanome allo scopo di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale. Ancora, nel corso delle indagini è emerso che Maurizio Zuccaro, il figlio Rosario, Luigi Gambino, Carmelo Giuffrida e Giovanni Fabio La Spina, dietro minacce, avrebbe costretto il gestore e l’amministratore di una nota discoteca catanese ad affidare loro il servizio di sicurezza, assumendo quali addetti loro familiari e altri appartenenti al clan, e a versare la somma di 3 mila euro. Proprio con riferimento al servizio di sicurezza all’interno del locale notturno, le attività tecniche hanno fatto emergere i preliminari accordi per la spartizione del servizio di security con esponenti del clan mafioso Cappello – Bonaccorsi, rappresentati dal boss Salvatore Massimiliano Salvo, ed i successivi contrasti per la gestione del servizio. 

Dal monitoraggio degli ingenti investimenti di somme di denaro è emerso un episodio di intestazione fittizia di beni effettuata, col benestare del padre Maurizio, da Rosario Zuccaro. Questi, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione, avrebbe acquistato fittiziamente la titolarità delle quote rappresentative del 50% del capitale sociale di una società per azioni, in vista della gestione di un ristorante nel borgo marinaro di San Giovanni li Curi, impartendo costantemente al prestanome, Michela Gravagno, formalmente intestataria delle quote societarie, direttive in merito alla stipula del contratto di acquisto delle quote della società, alla ristrutturazione dei locali di esercizio di attività di ristorazione. Secondo iniscrezioni, uno dei soci dal locale è un professionista molto noto a Catania e non solo: si tratterebbe di un avvocato, la polizia non ha fornito il nome, ma sarebbe totalmente estraneo all’inchiesta.

Fra gli arrestati c’è anche Andrea Zeta, cantante neomelodico da milioni e milioni di visualizzazioni su Youtube che altro non è che il figlio trentaquattrenne del boss Maurizio Zuccaro. Nella vita si chiama Filippo Zuccaro, ma il suo nome d’arte è appunto Andera Zeta: l’1 marzo scorso ha tenuto un concerto al Teatro Metropolitan di Catania, che era sold out.  A fine gennaio, invece, (come dimostra il video pubblicato qui sotto) aveva totalmente riempito il palasport di Bari in un concerto apprezzatissimo a giudicare dai tanti like lasciati dai quasi 200.000 followers dei suo profilo Facebook. 

A Rosario Zuccaro, il fratello di Filippo, è contestato come detto anche il reato di usura aggravata, per avere prestato ad un esercente di un negozio di abbigliamento, in due soluzioni, la somma complessiva di 4 mila euro, facendosi promettere, in corrispettivo, il pagamento mensile di interessi usurai determinati nella misura del 10% del capitale prestato, nonchè la detenzione ed il porto in luogo pubblico di armi da sparo. A Verderame, infine, è contestata la detenzione ai fini di spaccio di marijuana. Uno dei destinatari del provvedimento restrittivo, allo stato irreperibile, è attivamente ricercato. 

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