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Anche le terapie intensive sotto pressione: la Sicilia si avvicina alla soglia d’emergenza

Di Mario Barresi |

CATANIA – E se il problema più urgente non fosse l’orario di chiusura dei ristoranti, bensì un altro numero, e cioè il tasso di saturazione dei posti in terapia intensiva negli ospedali siciliani?

La questione, prima di finire in bagarre politica, è squisitamente scientifica: gli esperti del Comitato tecnico-scientifico della Regione, sentiti martedì in commissione Salute all’Ars, hanno fornito una dead line – 175 posti in intensiva occupati – dopo la quale la Sicilia si può considerare di nuovo in piena emergenza Covid. Il dato di ieri è di 111 ricoverati (otto in più rispetto a martedì al netto dei dieci morti, quindi 18 in totale) più che raddoppiato nelle ultime due settimane, visto che il 14 ottobre era pari a 49.

I componenti del Cts, nell’audizione all’Ars, hanno parlato di una «forbice fra 150 e 250», ovvero dal primo alert all’allarme rosso. Ma, la soglia d’allarme ufficiale, in base ai parametri del ministero della Salute, scatta già al 30% di occupazione della capienza: 161 pazienti in rianimazione sui 538 posti comunicati dalla Regione come attuale capienza. E non siamo molto distanti: in base al bollettino di ieri la Sicilia è al 20,6% di occupazione, a 50 ricoverati dal livello di guardia.

Ma quanti sono in Sicilia gli attuali posti effettivi in terapia intensiva? E in quanto tempo saranno pronti quelli nuovi finanziati dal governo nazionale? Antonio Di Paola, deputato regionale del M5S in commissione Sanità, avanza più d’un dubbio. Sul presente, innanzitutto. «Ho chiesto al governatore e all’assessore alla Salute di dirmi quanti sono i posti attivi, ma non mi hanno risposto, né in commissione né in aula».

Gli ultimi dati ufficiali sono quelli messi nero su bianco da Ruggero Razza nel decreto assessoriale dello scorso 19 giugno. Nell’era pre-Covid la Sicilia aveva una dotazione teorica di 529 posti in terapia intensiva secondo l’ultima rete ospedaliera, dei quali soltanto 418 attivati. Scoppiata l’emergenza, la Regione programma di arrivare a 720 e, secondo quanto comunicato al ministero della Salute, oggi siamo a quota 538 (120 in più), cioè 10,8 ogni 100mila abitanti, poco sopra la media (10,7) prescritta dal ministero. Nel decreto di Razza anche la prospettiva di riorganizzare 350 posti letto ordinari di area medica in sub-intensiva con possibilità di riconvertirne il 50% in postazioni per la ventilazione in uno scenario d’emergenza.

Nello Musumeci ora confida molto in ciò che potrà fare nel ruolo di commissario delegato da Palazzo Chigi «per l’attuazione degli interventi finalizzati alla realizzazione delle opere previste nel piano regionale approvato dal Ministero della Salute». In tutto ha a disposizione 128,2 milioni – con poteri e deroghe alle leggi sugli appalti in stile “sblocca-cantieri” – per 31 interventi in ospedali siciliani (adeguamento strutturale e acquisto di apparecchiature) per realizzare in tutto 253 nuovi posti di terapia intensiva e 318 in sub-intensiva, il 50% di quest’ultimi predisposto a un upgrade entro 48 ore in caso d’emergenza.

Il governatore, così come altri colleghi, s’è lamentato del ritardo con cui il commissario nazionale per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, ha firmato la nomina per gestire i progetti in Sicilia: lo scorso 8 ottobre, quasi tre mesi dopo il piano di interventi presentato dalla Regione a Roma.

Ma anche su questo punto De Luca ha qualcosa da ridire: «Musumeci, in base al decreto Rilancio, aveva la possibilità di fare già in estate gli interventi, le cui spese sarebbero state interamente restituite dal governo nazionale. Invece non ha fatto nulla». E non è tutto. Da una «interlocuzione diretta» con Arcuri, il deputato grillino è venuto a sapere che «la prima versione del piano presentato da Musumeci aveva dei tempi di realizzazione stimati in 15 mesi dal commissario nazionale, costretto a rimaneggiare il dossier per scongiurare una beffa clamorosa: in Sicilia i posti di intensiva sarebbero stati pronti a pandemia finita…».

A dire il vero, però, l’ultimo cronoprogramma trasmesso del governatore-commissario (che ha scelto l’ex dirigente regionale Tuccio D’Urso come suo braccio destro) prevede tempi molto più rapidi: la maggior parte delle procedure dei 31 interventi inizino il 25 novembre per concludersi il 25 gennaio 2021; per altri progetti 60 giorni di tempo dal 10 gennaio. «Ma anche su questi progetti e su questi tempi, al di là di quello che avete scritto sul giornale, non sappiamo un bel nulla», chiosa De Luca.

Ma ad allarmare non è soltanto la disponibilità di posti in rianimazione. L’altro fronte è quello dei reparti Covid. In molti ospedali c’è già il sold out. Emblematico il caso di Catania, raccontato ieri da La Sicilia, con otto pazienti da due giorni al pronto soccorso del Policlinico in attesa di ricovero. Ma anche quello che sta succedendo nei pronto soccorso a Palermo con i pazienti assistiti in ambulanza per mancanza di spazi. 

L’assessore Razza s’è sempre detto fiducioso sulla tenuta del sistema: «Stiamo ampliando il piano di emergenza e presto – assicurava in una recente intervista al nostro giornale – arriveremo a oltre 2.500 posti letto, dei quali il 20%, cioè 500, di terapia intensiva e sub-intensiva dedicate».

Ma il capogruppo del Pd, Peppino Lupo, numeri (attuali) alla mano avanza più di una perplessità, non soltanto sulle terapie intensive, in un’interpellanza presentata ieri all’Ars. «Il numero di posti letto di degenza ordinaria per i pazienti Covid è adeguato al tasso di crescita del contagio, che porta con sé l’inevitabile incremento del tasso di ospedalizzazione?», si chiede il deputato dem.

Nel decreto di giugno, ricorda Lupo, l’assessorato alla Salute «ha previsto la riorganizzazione in sub-intensiva di 85 posti di Pneumologia, 35 posti di Malattie infettive, 230 posti di Medicina generale», suddivisi per provincia e per Asp. «Ma i criteri utilizzati nelle suddivisione dei nuovi posti letto tra le provincie e tra gli ospedali sono più che discutibili – aggiunge il capogruppo del Pd – non si comprende per quale ragione, ad esempio, 32 posti letto sono assegnati alla pneumologia a Palermo e soli 15 per la pneumologia a Catania, ed ancora 16 posti letto di semi-intensiva alle malattie infettive di Catania e solo 4 a Palermo. Al Cannizzaro di Catania non c’è stato nessun incremento dei posti letto di terapia intensiva ma solo la trasformazione di 16 posti letto: 3 alla pneumologia, 4 alle malattie infettive, 9 alla medicina generale».

Lupo, infine, sottolinea come «non sia semplice riconvertire posti letto ordinari in posti letto da terapia intensiva». Per ragioni di «carenze strutturali», alle quali «si aggiunge l’aspetto legato alla competenza del personale». Nell’interpellanza Lupo segnala a Musumeci e Razza che «si rischia, in concreto, di attrezzare di tutto punto reparti quali le Medicina generale e le Malattie infettive di costose apparecchiature», poi di fatto «inutilizzabili» dal personale sanitario «perché non possiede le competenze adeguate e non ha esperienza in campo intensivistico».

Twitter: @MarioBarresi

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