Le sanzioni occidentali mirano a "far cadere il regime di Putin". Una frase dai contenuti potenzialmente devastanti quella pronunciata ai media dal portavoce del premier britannico Boris Johnson in ore in cui Mosca allerta il suo arsenale nucleare per la risposta in arrivo da ovest all’invasione dell’Ucraina. Il tutto però si è risolto, sperando che non ci siano conseguenze, con una clamorosa gaffe e una rettifica che è arrivata subito dopo da Downing Street. «Non stiamo cercando nulla in termini di cambio di regime – è stato precisato – quello di cui stiamo parlando chiaramente qui è come fermiamo la Russia che cerca di soggiogare un Paese democratico».
La dichiarazione iniziale del portavoce era arrivata al termine di un consiglio dei ministri dal quale erano emerse nuove forti prese di posizione contro Vladimir Putin da parte del leader britannico, che domani si recherà in Polonia ed Estonia – Paesi dove il Regno Unito ha inviato rinforzi militari ai confini orientali della Nato – per incontrare i suoi omologhi e il segretario generale della Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg. Johnson nel corso della riunione aveva parlato di un «errore colossale» riferendosi all’attacco militare deciso dal presidente russo, che ha «sottovalutato l’unità dell’Occidente e la durezza delle sanzioni a cui la sua azione ha portato».
Una gaffe del genere – che non si sa bene se sia nata da parole pronunciate veramente da Johnson e che non dovevano essere riferite ai media – potrebbe in teoria avere un effetto simile alla dichiarazione fatta ieri dalla ministra degli Esteri, Liz Truss, che aveva assicurato sostegno alla partecipazione di «volontari» britannici alla guerra in Ucraina. Le sue frasi avrebbero contribuito, stando al portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, alla decisione del presidente Putin di mettere in stato d’allerta il deterrente nucleare russo. «Vi sono state dichiarazioni inaccettabili fatte da diversi esponenti occidentali su possibili scontri fra Nato e Russia», ha detto sarcastico Peskov alla Pa. «Dichiarazioni i cui autori non intendo svelare, sebbene si tratti del ministro degli Esteri britannico».