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Venti di guerra in Libia, Italia preoccupata: e si rischia un nuovo esodo verso la Sicilia
ROMA – L’Ue trova una posizione comune sulla crisi in Libia, superando l’opposizione della Francia. Dopo un iniziale tira e molla, è passato un documento in cui si chiede lo stop a tutte le operazioni militari in Libia, sfumando il riferimento diretto al generale Khalifa Haftar, di cui Parigi è grande sponsor. Ma la linea dei francesi ha provocato la dura reazione di Matteo Salvini, che ha avvertito: «Se giocano alla guerra, non starò a guardare». E anche Giuseppe Conte, alla Camera, ha ammesso che l’escalation militare è motivo di «grande preoccupazione» per l’Italia.
Nel pieno dell’offensiva dell’uomo forte della Cirenaica per strappare Tripoli al premier Sarraj, si è consumato un nuovo strappo tra le diplomazie europee. Parigi durante il Vertice Ue aveva bloccato il testo iniziale della dichiarazione in cui si chiedeva ad Haftar di fermarsi, proprio per il riferimento diretto della condanna al generale. Questa circostanza è stata smentita dal portavoce del ministero degli Esteri francese, ma Italia e Svezia hanno presentato alcuni emendamenti, sostenute anche da Germania, Regno Unito e Olanda, che hanno prodotto un nuovo documento, approvato infine dai 28.
Nel testo, si avverte che l’attacco lanciato dalla forze di Haftar «mette in pericolo civili e blocca il processo politico». Ma allo stesso tempo si chiede a «tutte le parti di fermare immediatamente le operazioni militari», quindi anche le milizie che fanno capo al governo di Tripoli. E soprattutto, non si nomina più Haftar, ma solo il suo esercito, l’Lna. Così Parigi può dare il via libera.
L’insofferenza verso la partita libica dei francesi è condivisa nella maggioranza a Roma, ma c’è spazio per una polemica tra Lega e 5 Stelle. Da una parte i toni aggressivi di Salvini: «Se qualcuno per business gioca a fare la guerra, con me ha trovato il ministro sbagliato, non starò a guardare». Dall’altra Di Maio che, pur associandosi alla richiesta di chiarimenti dalla Francia su Haftar, invoca calma all’alleato del Carroccio: «Sulla Libia non servono prove di forza o altro. È inutile che qualcuno faccia il duro o dica ‘ci penso iò». Per concludere che «escludiamo ogni possibile intervento militare dell’Italia in Libia».
Polemiche interne a parte, la posizione filo-Haftar della Francia (al fianco di Russia, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati) ha creato non poche frizioni proprio con l’Italia, l’altro grande attore in Libia schierato apertamente con il governo riconosciuto dall’Onu. Il premier Conte, riferendo alla Camera, non ha nominato mai Parigi ma ha rilevato che la crisi in corso è «frutto di debolezze strutturali del contesto locale ma anche di influenze esterne che non sempre sono andate nella direzione della stabilizzazione».
Ma Conte ha sottolineato soprattutto che in Libia «il succedersi degli scontri e l’aumento del numero di morti – stimati ormai in alcune centinaia – e di feriti, ma anche degli sfollati, segnalano un concreto rischio di crisi umanitaria che va scongiurato rapidamente».
Secondo il premier «l’emergenza umanitaria, avrà conseguenze anche sui flussi migratori, così come sul riaffacciarsi dello spettro dell’insorgenza terroristica dimostrato dal recente attentato perpetrato da Daesh a Fuqaha, nella Libia centrale, impongono determinazione e rapidità di azione».
La nuova chiamata alle armi di Haftar sta di fatto pregiudicando i faticosi sforzi per stabilizzare il paese, sotto l’egida dell’Onu. L’Italia non abbandonerà il campo, mantenendo operativi l’ambasciata e il personale militare, ha chiarito Conte a Montecitorio, invocando allo stesso tempo un rapido «cessate il fuoco» e la ripresa del dialogo tra le parti perché la «soluzione politica è l’unica sostenibile». Su questo fronte, lo stesso Conte si sta spendendo in prima persona: in questi giorni di crisi il premier ha parlato direttamente con il premier Sarraj e nei giorni scorsi ha incontrato anche un emissario di Haftar. Perché l’Italia, ha rivendicato Conte, «è tra i pochi Paesi a poter credibilmente interloquire con tutti i principali attori in Libia». Avendo investito come pochi altri sul dossier, fino a favorire un faccia a faccia tra Sarraj e Haftar alla conferenza internazionale di Palermo a novembre.
Da quel vertice, però, sembra passato un secolo, tanto che la conferenza di riconciliazione nazionale che si sarebbe dovuta svolgere in questi giorni è stata rinviata a data da destinarsi. E se nessuno, da Mosca, Parigi, Il Cairo o Riad, chiederà ad Haftar di fermarsi, la strada per la pacificazione sarà ancora lunga.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA