Una tregua di 4-5 giorni a Gaza e lo scambio di prigionieri tra Israele e Hamas: 50 ostaggi per 150 detenuti palestinesi. Dopo 46 giorni di guerra si avvicina un primo cessate il fuoco nella Striscia, con il premier Benyamin Netanyahu che in serata ha sottoposto l’accordo a lungo mediato da Qatar ed Egitto prima al gabinetto di guerra e poi all’intero governo di emergenza nazionale.
Il leader di Hamas Ghazi Hamad, ha detto telefonicamente al canale egiziano mbcMasr che è in corso un imminente accordo con Israele sullo scambio di prigionieri e che consiste nel rilascio da parte di Israele di 3 palestinesi per ogni persona liberata da Hamas. Il numero corrisponde a quanto indicato dalle fonti israeliane, ovvero 150 detenuti palestinesi per 50 ostaggi liberati.
L’accordo sugli ostaggi è «una decisione difficile ma è una decisione giusta». Lo ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, parlando dopo un incontro con il suo gabinetto di guerra e con il gabinetto di sicurezza in generale.
L’esercito, il Mossad e lo Shin Bet hanno dato il loro parere favorevole mentre l’ultradestra israeliana – in particolare i ministri Itamar Ben Gvir di Potere ebraico e Bezalel Smotrich di Sionismo religioso – ha tuonato contro l’intesa definendola «un grave errore», anzi un potenziale «disastro» per Israele.
Ad essere rilasciati da Hamas, secondo le indiscrezioni circolate in giornata, saranno esclusivamente donne e bambini. Haaretz ha riferito che nell’accordo sono menzionati 30 minori, 8 madri e altre 12 donne. Saranno liberati in varie fasi, una decina ogni giorno di tregua, con Israele spera che alla fine il numero totale degli ostaggi rilasciati arrivi fino a 80. Hamas, secondo fonti israeliane, si impegnerà durante il cessate il fuoco «a localizzare gli altri ostaggi che sono in mano a diverse gruppi», a cominciare dalla Jihad islamica. I detenuti palestinesi, anch’essi donne e bambini, saranno invece consegnati alle loro residenze e comunque l’intesa esclude chiunque sia stato «condannato per omicidio». In sostanza, quelli che hanno compiuto attentati mortali contro israeliani. Per gli ostaggi stranieri nelle mani di Hamas, l’accordo prevede che la loro liberazione sia affidata a trattative separate tra Hamas e i rispettivi Paesi a cui appartengono i rapiti.
La tregua dovrebbe scattare non prima di giovedì sera o venerdì mattina e durare 4-5 giorni. Durante questo periodo, i soldati israeliani resteranno nel nord di Gaza e non sarà consentito ai civili sfollati al sud di tornare alle loro case nel nord.
Israele ha poi avvertito che l’esercito riprenderà i combattimenti in tutta la Striscia «immediatamente dopo» la fine del cessate il fuoco. Confermato, come parte dell’accordo, l’ingresso giornaliero dal valico di Rafah di 300 automezzi al giorno, compreso il carburante. Israele inoltre durante tutti i giorni di tregua sospenderà – è una delle condizioni poste da Hamas – il volo dei droni sulla Striscia. Ma saranno assicurate altre misure di intelligence per salvaguardare la sicurezza dei soldati.
«Spero che avremo buone notizie a breve», ha detto Netanyahu prima delle riunioni di governo. «Stiamo facendo progressi. Non penso sia il caso di aggiungere altro in questo momento», ha tagliato corto il premier israeliano. «Siamo molto vicini a riportare alcuni degli ostaggi a casa, la situazione è buona», ha confermato da Washington il presidente Usa Joe Biden che da giorni si era detto ottimista sull’esito delle trattative. La possibile intesa era stata annunciata nella notte dal leader di Hamas Ismail Haniyeh.
Se prevale l’ottimismo per gli ostaggi, l’accordo minaccia di avere ripercussioni sugli equilibri della coalizione di governo israeliana vista la secca bocciatura dell’ultradestra. Ma Netanyahu – grazie al recente allargamento dell’esecutivo al centrista Benny Gantz – ha comunque i numeri necessari per far passare l’intesa.
Sul terreno intanto un raid israeliano sul campo profughi di Nuseirat, a sud di Gaza, avrebbe provocato 17 morti tra cui donne e bambini, secondo quanto riferito dall’agenzia palestinese Wafa. Sempre più tesa anche la situazione a nord con Hezbollah, con il lancio di razzi da parte dei miliziani sciiti e attacchi di risposta nel sud del Libano: nel giorno più sanguinoso su questo versante dall’inizio del conflitto, sotto le bombe israeliane sono morti quattro civili (una donna anziana, due giornalisti e una giovanissima reporter) e un gruppo di miliziani di Hamas. .