In Marocco i soccorritori hanno portato il piccolo Rayan fuori dal pozzo, dove era caduto martedì scorso. Lo mostrano le immagini delle tv locali.
E' rimasto oltre cento ore a 32 metri sotto terra, inghiottito da un pozzo strettissimo, in alcuni punti di soli 20 centimetri di diametro, ha lottato per rimanere vivo. L’intero Marocco, e anche il resto del mondo, ha seguito in diretta la disperata corsa contro il tempo per salvarlo. Il bimbo è stato preso in consegna dall'equipe medica all’imboccatura del tunnel di collegamento, e un'ambulanza lo ha portato all’elicottero con cui è stato trasferito in ospedale.
Un’immensa operazione di salvataggio ha scandito, tra le mille difficoltà, gli intoppi, i rischi di smottamento, le speranze ma anche le delusione, queste lunghissime giornate in cui i soccorritori non si sono mai dati per persi. A cominciare da Ali El Jajaoui, arrivato da Erfoud, ormai divenuto l’eroe del deserto: quell'uomo che di professione fa lo specialista di pozzi, appena appresa la notizia del bimbo, è subito partito dal sud del Paese per raggiungere il villaggio di Ryan. E ha scavato per ore e ore senza fermarsi, a mani nude dopo che un’imponente lavoro di 5 escavatori aveva aperto una voragine che ha permesso di arrivare alla profondità in cui si trovava il bambino. E permesso di realizzare una via di fuga attraverso la posa di tubi che, posizionati orizzontalmente, hanno creato il passaggio della salvezza.
Ryan ha retto abbastanza bene in questi lunghi giorni in cui i soccorritori hanno calato nel pozzo un tubo per fornirgli l’ossigeno. Ha chiesto dell’acqua, ha mangiato qualcosa e ascoltato via radio le parole del padre, Khaled mentre le telecamere lo riprendevano fare qualche piccolo movimento e chiamare mamma.