L’embargo al petrolio via mare dall’inizio del 2023, l’esclusione di tre banche dal sistema Swift incluso il colosso Sberbank e una sfilza di persone e entità russe che l’Ue ritiene coinvolta nell’aggressione all’Ucraina. Sono entrate in vigore, finalmente, le nuove sanzioni europee. E’ il sesto pacchetto di misure varato da Bruxelles, quello che ha visto la luce con maggiore difficoltà, vittima dei veti di Viktor Orban. L’ultimo 'nò Budapest lo ha detto all’inserimento nella black list del patriarca Kirill ma nell’elenco aggiornato dei russi sotto sanzioni qualche bersaglio grosso c'è: a cominciare da Alina Kabaeva, la fidanzata di Vladimir Putin.
Sono 65 le personalità colpite. Diciotto sono invece le entità giuridiche. L’Ue ha messo nel mirino innanzitutto i militari: nella lista ecco il generale Mikhail Mizintsev, noto come 'il macellaio di Mariupol' e il colonnello Azatbek Omurbekov, ovvero 'il macellaio di Buchà. Colpiti anche la moglie e i figli del portavoce di Putin, Dmitry Peskov, nonché Arkady Volozh, fondatore e amministratore delegato di Yandex, il colosso informatico russo. E Volozh, subito dopo, ha annunciato le sue dimissioni per evitare che fosse direttamente coinvolto il Google russo. A tutti verrà applicato il congelamento dei beni e un divieto di ingresso e transito nell’Ue.
Misure dure insomma, che colpendo Kabaeva rischiano di innervosire non poco lo zar. Kabaeva è la fidanzata "non ufficiale" di Putin. E’ stata una celebre ginnasta ma è stata anche membro della Duma e modella. E’ madre di due figli e in tanti giurano che il padre sia proprio il presidente russo. Gli Usa, lo scorso aprile, avevano annunciato sanzioni contro di lei, salvo poi fermarsi. Per una volta l’Ue è stata più netta dell’alleato. Del resto, alla durezza delle sanzioni individuali fa da contraltare il complicato meccanismo con cui Bruxelles bloccherà il petrolio russo. Entro sei mesi entrerà in vigore lo stop al greggio non raffinato che arriva all’Ue via mare. Entro otto mesi scatterà l’embargo ai prodotti raffinati. Deroghe ad hoc sono state concordate alla Bulgaria e alla Croazia. Le sanzioni non colpiscono invece il petrolio in arrivo via oleodotto. In particolare, non colpiscono il petrolio dell’oleodotto Druzhba, che porta oro nero in Polonia, Germania, Repubblica Ceca e Ungheria. I primi due Paesi hanno già annunciato l’impegno allo stop totale entro sei mesi. Al terzo è stata concessa una deroga di 18 mesi. L’esenzione a Budapest è invece senza scadenza. Anzi, l’Ue si impegna a permettere a Budapest di acquistare petrolio russo anche via mare se verrà interrotto il flusso dell’oleodotto. Orban, di fatto, ha ottenuto tutto ciò che voleva, tranne l’aumento dei fondi Ue per accelerare la sua indipendenza energetica.
La percentuale di petrolio russo importata dall’Ungheria, sul computo totale, è tuttavia bassa. Entro sei mesi oltre il 90% del greggio di Mosca, per l’Ue, sarà tabù. Il timore di un effetto domino sui prezzi dei carburanti è alto ma Palazzo Berlaymont assicura che verrà calmierato dalla scelta dell’eliminazione graduale. «E per ora non vediamo alcun aumento», hanno spiegato fonti Ue. Nel frattempo, spiegano a Bruxelles, il totale dell’import dalla Russia è già calato del 63%. Calerà ancora. Il settimo pacchetto di sanzioni invece non è all’orizzonte. L’Ue proverà a sganciarsi dal gas russo con il Repower e non con un embargo che forse mai troverà l’unanimità dei consensi. Ma i veti di Orban cominciano ad esasperare la Commissione e altri Paesi membri. Nel progetto di modifica dei Trattati il primo punto all’ordine del giorno potrebbe essere proprio la limitazione della regola dell’unanimità dei 27.