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Morto manager vicino a Putin: è i settimo in tre mesi

Andrei Krukowski, 37 anni era il manager di un villaggio turistico di Gazprom, è caduto dalla scogliera

Di Redazione |

ROMA. Se tre indizi fanno una prova, come scriveva Agata Christie, sette morti in circostanze misteriose e tutte da chiarire fanno pensare. Soprattutto se si tratta di manager, oligarchi o uomini vicini al potere di Vladimir Putin.   La notizia dell’ultimo, in ordine di tempo, è arrivata oggi: un manager di un resort alpino è morto "cadendo dalla scogliera" a Sochi. Una tragedia da archiviare come un drammatico incidente quella di Andrei Krukowski, se non fosse che il 37enne era il manager di un villaggio turistico di Gazprom. Un nome, quello del colosso del gas russo, che rimbalza in tanti dei fascicoli delle indagini sulle morti misteriose di russi importanti negli ultimi tre mesi, dalla fine di gennaio ad oggi. Cinque delle misteriose morti, tra ipotesi di suicidio o di suicidio-omicidio, sono infatti legate al nome della società.   La lunga scia di sangue è iniziata a fine gennaio quando il sessantenne Leonid Shulman, alto dirigente di Gazprom, è stato trovato morto nel bagno della sua villa moscovita nel quartiere bene degli uomini d’affari. «Un suicidio» con tanto di biglietto accanto al cadavere, hanno riportato i media russi, ricordando anche il coinvolgimento dell’uomo in indagini fiscali della società. Solo tre settimane dopo, all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, un altro «suicidio», quello di Alexander Tyulyakov, ai vertici della tesoreria di Gazprom, trovato impiccato nel suo garage.   E sempre a fine febbraio un altro oligarca, Mikhail Watford, magnate dell’energia, è stato trovato morto nella rimessa della sua casa nel Regno Unito. Un’altra morte misteriosa – ma la polizia inglese avrebbe escluso l’omicidio – cui sono seguiti, a stretto giro, altri casi ancora più efferati. Bollati per ora come «omicidi-suicidi», che hanno visto come protagonisti importanti uomini d’affari e le loro famiglie tra ipotesi di crack finanziari, depressioni o storie di gelosia coniugale.   Il 19 aprile, in un lussuoso appartamento di Mosca, sono stati trovati i corpi di Vladislav Avayev, ex vicepresidente di Gazprombank ed ex funzionario del Cremlino, della moglie (forse incinta) e della figlia di 13 anni. Tutti uccisi da colpi di arma da fuoco che i media russi hanno raccontato essere stati sparati da una delle pistole dell’uomo, ritrovato con l’arma in mano. Tragedia famigliare, a inizio marzo, anche per Vasily Melnikov, il miliardario russo rinvenuto con la moglie e i due figli senza vita nella loro casa a Nizhny Novgorod. E, ancora, per Sergey Protosenya, ex presidente dell’azienda russa del gas Novotek con un patrimonio stimato in circa 400 milioni di euro, trovato impiccato nel giardino della sua villa in Spagna. Nella casa i copri senza vita della moglie e della figlia diciottenne, pugnalate. Anche in questo caso la versione parla di possibile omicidio-suicidio, un’ipotesi nettamente smentita dall’unico figlio scampato alla strage di Lloret del Mar, vicino Barcellona: «Mio padre non è un assassino. Non so cosa sia accaduto quella notte, ma so che mio padre non le ha colpite», ha raccontato Fedor Protosenya ai tabloid inglesi suggerendo che la sua famiglia sia stata assassinata. E il dubbio, sempre lecito, si allarga anche agli altri casi. 

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