Joe Biden nell’occhio del ciclone, costretto ancora una volta a difendersi in tv davanti al suo Paese e al mondo intero: «Gli Usa rispetteranno tutti gli impegni», promette. Ma è difficile tentare di spiegare non solo quanto accaduto con la caduta di Kabul, ma anche un’evacuazione che assume contorni sempre più drammatici col passare delle ore. Sono 13 mila finora le persone evacuate in quella che il presidente Usa definisce «la più difficile operazione di ponte areo della storia». Ammettendo però di non poter garantire l'esito finale: «Non sappiano quanti americani sono in Afghanistan».
Le pressioni sul presidente Usa sono fortissime, sia in patria che da parte degli alleati. Tra questi ultimi Emmanuel Macron, che invoca la «responsabilità morale» verso quelle centinaia di migliaia di afghani che in 20 anni di guerra hanno aiutato le truppe della Nato e i diplomatici occidentali: «Non possiamo abbandonarli», il suo appello in una telefonata con l'inquilino della Casa Bianca. Appello che per qualcuno suona più come un monito. Del resto la linea difensiva di Biden sembra ormai vacillare, tra le tragiche immagini che arrivano dall’inferno di Kabul e le indiscrezioni che rafforzano la tesi di un’amministrazione Usa consapevole di quanto stesse accadendo, con la rapida e inarrestabile avanzata dei talebani. Tesi che getta un’ombra sulla Casa Bianca, e alimenta più di un sospetto sul fatto che il presidente non abbia detto tutta la verità. La versione ufficiale dei fatti – più volte ripetuta anche dal Pentagono, dal Dipartimento di stato e dai vertici delle forze armate – è che nessuno prevedeva un epilogo così devastante, con i talebani che hanno conquistato Kabul in soli undici giorni.
Ma a smentire questa narrativa arriva anche uno scoop del Wall Street Journal, che ha tirato fuori un cablogramma dai toni drammatici inviato il 13 luglio scorso direttamente al segretario di stato Antony Blinken da una ventina di diplomatici dell’ambasciata Usa a Kabul. Un memo interno che già metteva in guardia sul probabile collasso della capitale nel giro di poco tempo, a causa della rapidissima avanzata talebana e dell’altrettanto rapido disfacimento delle forze di sicurezza afghane. Un chiaro messaggio che ora imbarazza non poco il capo della diplomazia americana e che difficilmente – sostengono in molti – non è stato condiviso con il presidente e i vertici del Pentagono. Intanto, dopo le promesse di aiuto, sono centinaia di migliaia gli afghani che hanno lavorato con gli Usa ancora nel limbo, costretti a nascondersi dalla vendetta talebana in attesa di un visto per l’America. Con Biden sempre più pressato perchè si velocizzino al massimo le procedure. Si calcola che in tutto siano 300 mila i civili afghani che in 20 anni hanno collaborato con gli Stati Uniti. Di questi 15 mila sono già entrati negli Usa con le loro famiglie grazie a un visto speciale. Visto ancora in sospeso invece per altri 18 mila afghani, mentre per tutti gli altri è notte fonda. Così Biden cambia i programmi e, invece di patire per la sua residenza di famiglia in Delaware, ha deciso di restare l’intero weekend alla Casa Bianca per essere costantemente aggiornato nello Studio Ovale e seguire in prima persona gli sviluppi dalla Situation Room.