Seimila barili di petrolio in mare e un’onda nera che sta provocando enormi danni all’ecosistema delle coste peruviane non lontano dalla capitale Lima: sono arrivati fin qui, a diecimila chilometri di distanza, i danni dello tsunami seguito all’eruzione a Tonga del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Hàapai. Il 15 gennaio era in corso un trasferimento di greggio da una petroliera alle infrastrutture della raffineria La Pampilla, operata dalla compagnia spagnola Repsol, quando la forza d’urto delle onde che in mare aperto hanno raggiunto i 15 metri di altezza ha fatto precipitare in acqua i barili di greggio.
Le misure di contenimento previste per questo genere di incidenti sono scattate con un gravissimo ritardo per ragioni che sono ora oggetto di un’indagine. Ma nel frattempo uno spesso strato nero si è depositato su una ventina di spiagge, secondo l'Organismo di valutazione e controllo ambientale (Oefa), mentre il Servizio nazionale delle aree protette dallo Stato (Sernanp) ha denunciato la morte di pesci, uccelli, altri animali e una grave contaminazione della vegetazione marina. Intanto a Tonga continuano ad arrivare aiuti umanitari da vari Paesi. Dopo che ieri era stata liberata dalla cenere la pista dell’aeroporto principale dell’arcipelago, sull'isola di Tongatapui, ed erano giunti i primi aerei dall’Australia e dalla Nuova Zelanda, oggi è la volta delle navi partite qualche giorno fa. La prima ad attraccare sarà la neozelandese HMNZS Aotearoa che trasporta 250.000 litri d’acqua, secondo l’Onu la priorità principale in questo momento. Salpata anche la nave australiana HMAS Adelaide con a bordo degli elicotteri che serviranno per portare rifornimenti sulle isole più piccole e remote dell’arcipelago. Anche la Gran Bretagna ha annunciato che la partenza della sua HMS Spey e intanto ha inviato aiuti con la nave salpata dall’Australia.
Ma con gli aiuti rischia di arrivare anche il coronavirus a Tonga, finora Covid free. Un aereo decollato dall’Australia è stato costretto a tornare indietro dopo che a bordo è stato scoperto un caso di contagio e i rifornimenti sono stati caricati su un altro velivolo. Il governo dell’arcipelago ha una politica molto rigida per scongiurare ogni tipo di rischio ma l’insidia virus è in agguato e anche l’Onu, consapevole del potenziale disastro aggiuntivo che potrebbe abbattersi sulle isole, sta mettendo a punto un piano per garantire la sicurezza dei soccorsi. Jens Laerke, portavoce dell’agenzia delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (Ocha) ha spiegato che si stanno vagliando le opzioni possibili, l’uso di personale locale per scaricare gli aiuti dagli aerei senza che l’equipaggio scenda a terra, l’utilizzo di gru per prelevare i rifornimenti dalle navi o anche elicotteri diretti ai cargo che resterebbero ormeggiati al largo.