Coronavirus, la Cina è quasi fuori dall’incubo

Di Redazione / 09 Marzo 2020

PECHINO – La Cina vede avvicinarsi la fine dell’incubo coronavirus: 22 nuovi morti, ai minimi da gennaio, 40 contagi tutti nell’Hubei, provincia epicentro dell’epidemia, e nessuno per il secondo giorno di fila nel resto del Paese. A un mese e mezzo dallo scoppio della crisi e quando il Covid-19 si è diffuso ormai in tutto il mondo, Bruce Aylward, epidemiologo canadese in forza all’Oms, ha ribadito la sua convinzione che «il modello» scelto da Pechino sia un riferimento da seguire per tutti. In un’intervista al New York Times, Aylward, recatosi in Cina a capo di una missione ad hoc, ha lodato Pechino «per come ha saputo prendersi carico della salute dei cittadini», mettendo in campo misure draconiane e un numero inimmaginabile di strumentazioni mediche.

Fatto sta che, con ogni probabilità, «la polmonite anomala» a Wuhan s’era affacciata già a novembre, finendo per essere sottovalutata dalle autorità almeno fino a dicembre. Il 23 gennaio è arrivata la svolta, quando Pechino impose la chiusura per quarantena dell’Hubei, provincia con 60 milioni di persone, mentre contagi e morti si moltiplicavano a livello esponenziale. Stop ai collegamenti stradali, ferroviari e aerei, e blocco totale dell’economia per evitare che i luoghi di lavoro diventassero una letale moltiplicatore di contagio. A Wuhan, il capoluogo, le regole sono state ferree: spesa alimentare online e consegna per comprensori al fine di ridurre al minimo i contatti, obbligo tassativo di restare in casa. Domenica in città si sono avuti 36 nuovi infetti su 11 milioni di abitanti, mentre domani anche gli ultimi due dei 16 ospedali d’urgenza dovrebbero chiudere i battenti.


Certo la stretta ha funzionato, ma l’esasperazione tra la gente è forte: sui social media è diventato virale il video (poi censurato) dell’ispezione del 6 marzo della vicepremier Sun Chunlan a Wuhan. Dai palazzi di un grande compound, la gente le ha urlato «falsità, solo falsità, le autorità dicono bugie». Nel frattempo i contagi sono saliti nel Paese a 80.735, i morti a 3.119 e i guariti a 58.600. Pechino, «da difendere a ogni costo», su esplicita volontà del presidente Xi Jinping è stata blindata: 827mila persone, quasi tutti lavoratori migranti, sono ancora in quarantena al rientro dopo il lungo Capodanno lunare. I controlli sono stringenti e regole inderogabili sono state definite per tutto, anche per lo shopping. Dato per obbligatorio l’uso generale della mascherina, nei supermercati lo spazio intorno a ogni cliente deve essere di 2 metri quadrati ed è onere dei gestori, pena sanzioni, il rispetto della norma.

Per contrastare il coronavirus la Cina ha bloccato anche l’economia, tuttora in stallo. L’annunciata «ripartenza a tempo record» è stata smentita da un’inchiesta della rivista Caixin, secondo cui aziende locali e autorità stanno gonfiando in modo artificioso i volumi di produzione per dimostrare il ritorno delle attività. La vera cartina di tornasole sarà quando si tornerà veramente in ufficio o in fabbrica, con i rischi di infezione destinati inevitabilmente ad aumentare. Ma per ora sembra che il Dragone abbia vinto la sua sfida.

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