L’ombra della maledizione del Titanic torna ad allungare i suoi tentacoli fra le gelide acque dell’Atlantico del nord. Un batiscafo, usato per offrire a drappelli di turisti danarosi l’emozione di poter osservare il relitto del lussuoso transatlantico divenuto oltre un secolo fa simbolo di sventura dei mari, è considerato infatti «disperso» a qualche centinaio di miglia al largo del continente americano, dopo aver interrotto tutti i contatti con la superficie.
La notizia dell’allarme è rimbalzata sui media quando erano ormai trascorse circa sette ore dall’ultimo rilevamento noto dell’imbarcazione: denominata Titan, in omaggio a un’assonanza temeraria che suona di sfida a una lunga storia di cattivi presagi. A diffonderla è stata la Guardia Costiera di Boston, impegnata nel coordinamento di ricerche che con il passare del tempo si fanno via via più affannose.
Inizialmente non era chiaro se e quanti individui si fossero imbarcati sul sommergibile privato, sparito apparentemente nel nulla. Ma a far svanire la speranza che si potesse trattare di un’immersione governata solo da piloti dell’equipaggio, o magari gestita da remoto, sono arrivate a metà giornata le prime informazioni ufficiali confermate dalle autorità nautiche del Massachusetts: a bordo risulta fossero saliti fino a 5 ospiti.
Il Titan, capace di scendere a ben 4.000 metri sotto il livello del mare, ha in effetti una capienza massima concepita per 5 passeggeri. Visitatori disposti a pagare un biglietto salatissimo per farsi calare negli abissi per oltre una settimana e vedere con i propri occhi i fondali su cui sono adagiati i resti di quello che fu il bastimento più famoso del mondo, a circa 3.800 metri di profondità: resti identificati dopo decenni di esplorazioni, calcoli e avventure febbrili ormai nel 1985.
L’avventura, gestita dal tour operator americano OceanGate Expeditions, prevede otto giorni di missione, al costo – tutt’altro che abbordabile per i comuni mortali – di 250.000 dollari a persona. Il prezzo di un’esperienza da vivere a contatto con l’oscurità delle fosse oceaniche, ma soprattutto con gli spettri passati della vicenda del transatlantico maledetto, rimasta legata alla memoria collettiva d’intere generazioni grazie a libri, canzoni o film di successo (in primis il kolossal con Leonardo Di Caprio e Kate Winslet per la regia di James Cameron vincitore nel 1997 di 11 premi Oscar).
Progettato nel 1908, varato nel 1911 dai cantieri di Belfast per conto della White Star Line al costo complessivo di 1,5 milioni di sterline dell’epoca (circa 200 milioni di oggi) e registrato nel porto di Liverpool, il Titanic colò a picco con oltre 1.500 dei suoi 2.200 passeggeri circa – a dispetto della nomea pubblicitaria di nave «inaffondabile» – la notte del 15 aprile 1912, dopo aver urtato un iceberg alla prima traversata fra Southampton, in Inghilterra, e l’America. Scomparendo tra i flutti dell’oceano, a 370 miglia marine (600 chilometri) dalle coste canadesi di Terranova, senza mai riuscire ad approdare nel porto d’arrivo di New York.
Epilogo che non ha scoraggiato i moderni turisti dell’avventura ‘overpriced’dal desiderio di sfidare un destino a rischio di rivelarsi drammaticamente beffardo. Mentre alla società organizzatrice non resta in queste ore che affidarsi alle ricerche dei team di soccorso, limitandosi ad assicurare – in un messaggio carico di ansia crescente – «pensieri e preghiere» per i propri clienti e le loro famiglie.
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