MESSINA – Comizi al veleno, denunce in questura, ritardi scandalosi nello spoglio delle schede per le circoscrizioni, tentativi di apparentamenti naufragati. E’ un turno di ballottaggio al cardiopalma quello di domenica prossima a Messina, dove i toni tra i due contendenti si sono alzati a dismisura: Dino Bramanti (28,2%) sostenuto dal centrodestra, e Cateno De Luca (19,8%), esponente dell’Udc ma mina vagante tanto da candidarsi come civico anche se pesca sempre nel bacino della coalizione che alla Regione appoggia il presidente Nello Musumeci.
Per la corazzata di Bramanti, direttore della Fondazione “Bonino-Pulejo”, le insidie potrebbero arrivare dagli altri cinque candidati sconfitti che hanno deciso di lasciare libero il proprio elettorato al secondo turno. Così ha fatto Renato Accorinti, il sindaco uscente di sinistra che non è riuscito a bissare il mandato, e così ha fatto il Pd. Con i dem Bramanti ha tentato di trovare un accordo che però è stato bloccato dal segretario regionale dimissionario Fausto Raciti. «Nessun apparentamento, chiunque vincerà saremo all’opposizione», hanno assicurato i deputati regionali messinesi Pietro Navarra e Franco De Domenico. Compatto invece a fianco di Bramanti il pezzo di elettorato che ha seguito Francantonio Genovese nel suo passaggio dal Pd a Forza Italia.
Anche De Luca ha cercato l’intesa, l’ha fatto con il M5S, ammiccando i grillini nel corso di un comizio in piazza, che avrebbero goduto di un bel premio di maggioranza in Consiglio. Il «no grazie» è giunto immediato. «Il ballottaggio Bramanti-De Luca è quanto di peggio potesse accadere, Messina sarà condannata a scegliere fra la padella e la brace», ha tagliato corto il candidato grillino sconfitto, Gaetano Sciacca. Se De Luca dovesse farcela si ritroverà ad amministrare in solitario: le sue liste infatti non hanno superato lo sbarramento del 5%, dunque nessun consigliere eletto. Insomma, dovrà trovare una maggioranza sulle singole delibere.