PALERMO – I giudici della Corte dei Conti presieduta da Giuseppe Colavecchio (Giuseppe Cernigliaro, consigliere, Giuseppe Grasso, primo referendario) hanno condannato Angelo Arancio, medico responsabile del reparto di ortopedia dell’ospedale di Milazzo (Me) a risarcire l’azienda sanitaria di Messina di 485 mila euro. La vicenda risale al 1988. Ad un paziente S.P. a causa di un incidente stradale i medici dell’ospedale di Milazzo hanno ingessato la gamba destra in modo non adeguato tanto che dopo un ricovero d’urgenza al Rizzoli Bologna è stato necessario amputare l’arto. I suoi familiari hanno citato in giudizio chi guidava l’auto e l’allora Usl 43 di Milazzo poi confluita nell’azienda sanitaria provinciale di Messina e Angelo Arancio medico e responsabile del reparto di ortopedia dell’ospedale di Milazzo, per ottenere il risarcimento dei danni subiti. Il Tribunale di Messina in sede civile ha condannato nel 2003 a risarcire Principato con 612 mila euro. Anche in appello la sentenza è stata sostanzialmente confermata e il giudice ripartiva «la responsabilità dell’evento dannoso nella misura del 90% a carico di Arancio e dell’Usl e del 10% a carico dei coniugi che avevano provocato l’incidente».
L’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina, nel 2014 ha pagato 485 mila euro a Stefano Principato e agli eredi. Secondo quanto accertato dalle sentenze in sede civile il medico aveva negligentemente ignorato «che la gravità della situazione imponeva un’estrema cautela operativa – si legge nella sentenza – e un assiduo monitoraggio dello stato di irrorazione arteriosa nel territorio dalla lesione; verifica resa impossibile dall’apparecchio gessato inopinatamente e superficialmente collocato dall’ortopedico, che con imperizia aveva realizzato l’immobilizzazione in doccia gessata, senza lasciare libera la parte posteriore della gamba e del piede per consentire un’attenta sorveglianza della circolazione». Secondo i giudici contabili «il danno è interamente attribuibile – continua la sentenza – all’odierno convenuto che ha agito con marchiana superficialità, non essendovi i presupposti per addossare parte di questo danno all’ente sanitario».