Cateno De Luca in tribunale per il processo sul cosidetto “Sacco di Fiumedisi”

Di Redazione / 09 Novembre 2017

Il deputato Cateno De Luca è giunto, accompagnato dai carabinieri, nel tribunale di Messina per l’udienza del processo in cui è imputato per concussione, falso e abuso ufficio. L’imputato dovrebbe rendere dichiarazioni spontanee. Col parlamentare regionale del centrodestra vi sono la moglie, i suoi legali Carlo Taormina e Tommaso Micalizzi, e alcuni supporter politici.

Il procedimento per cui è sotto processo il neo deputato del Centrodestra Cateno De Luca, arrestato ieri per evasione fiscale, comincia per presunti reati (tentata concussione e falso in atto pubblico) commessi tra il 2004 e il 2010 all’interno di un programma di opere di riqualificazione urbanistica e incentivazione dell’occupazione (contratto di quartiere II) a Fiumedinisi comune di cui era sindaco.

De Luca venne arrestato nel giugno 2011. Secondo l’inchiesta della procura messinese l’ex sindaco avrebbe stravolto il programma per favorire imprese edilizie della sua famiglia. I fari della procura erano stati puntati sulla costruzione di un albergo con annesso centro benessere da parte della società «Dioniso» e la realizzazione di centri di formazione permanente del Caf «Fenapi», oltre all’edificazione di 16 alloggi da parte della coop «Mabel».
La tentata concussione sarebbe stata commessa nei confronti dei proprietari di alcune aree che andavano cedute – a volte a prezzi più bassi rispetto a quelli di mercato – per consentire alla Mabel la costruzione degli alloggi. I reati di falso riguardavano l’approvazione del progetto in variante dei lavori di costruzione eseguiti dalla Dioniso e la creazione di muri di contenimento del torrente Fiumedinisi, realizzati – secondo l’accusa – per incrementare il valore commerciale di alcune aree ricadenti nel progetto e riconducibili alla ditta il cui amministratore unico era proprio il sindaco, che è fondatore e direttore generale della Fenapi. Il fratello, Tindaro invece, era amministratore della coop Mabel.

Le indagini erano partite dopo le denunce del Wwf e dei consiglieri comunali di opposizione. Il processo ha subìto uno stop dopo la richiesta dei legali di De Luca di spostarlo a Reggio Calabria perchè nel Tribunale di Messina non vi sarebbero state le giuste condizioni ambientali per consentire al collegio di giudicare l’imputato. La Cassazione, dopo qualche mese, ha respinto la richiesta ma ha aperto un procedimento su uno dei magistrati del collegio giudicante.

La Procura ha chiesto la condanna a 5 anni per Cateno De Luca, 4 anni per il fratello Tindaro, 2 anni di per il funzionario comunale Pietro D’Anna, l’assoluzione del presidente della Commissione edilizia Benedetto Parisi; un anno e 7 mesi per Gregorio Natale Coppolino, 1 anno e 4 mesi per il vice sindaco Grazia Rasconà, 1 anno e 2 mesi per l’assessore Giuseppe Bertino e i colleghi Paolo Crocé, Carmelo Crocetta, Giuseppe Giardina, Antonino Cascio e Salvatore Piccolo.
E’ stata sollecitata la prescrizione per i componenti della commissione edilizia comunale Renzo Briguglio, Angelo Caminiti, Roberto Favosi, Fabio Nicita, Francesco Carmelo Oliva e per l’ex sindaco di Alì Carmelo Satta, coinvolto quale presidente del Cda della Fenapi, arrestato l’altro ieri insieme a De Luca per evasione fiscale.

«Io non sono colpevole di concussione, come mi accusa la Procura, io sono vittima di estorsione da parte di chi mi ha denunciato, perché mi hanno proposto una transazione e un avvocato non fa una transazione senza che lo sappiano i suoi clienti».

Lo ha detto il neodeputato dell’Ars Cateno De Luca, arrestato ieri per evasione fiscale, durante le dichiarazioni spontanee nell’udienza del processo sul cosiddetto «sacco di Fiumedinisi» in cui è imputato per abuso d’ufficio e tentativo di concussione.
«Loro – ha proseguito – avrebbero potuto denunciarmi prima, se erano così ambientalisti, bloccando il progetto, ma invece mi hanno denunciato solo dopo. Lo stesso ingegnere Sciacca, allora capo del Genio Civile, ha detto un mucchio di falsità, che dovrà spiegare. Io ho fatto una struttura che ha salvato Fiumedinisi dalle alluvioni e ho lavorato per lo sviluppo del mio paese».

«Non mi sono tirato indietro rispetto al processo per arrivare alla prescrizione – ha aggiunto – ma perché avevo bisogno di rispondere alle accuse mosse sulla base di incartamenti parziali e io dovevo difendermi. Sono stato accusato per aver lavorato bene sul territorio come a Santa Teresa, mentre qui a Messina non riescono a recepire nessun finanziamento e pensano solo alla via Don Blasco, mentre ci sono molte altre priorità di risanamento». 

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