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Caso Rita Capriti, la cugina conferma: è accusata di terrorismo in Venezuela

«Non possiamo stare tranquilli di fronte a simili imputazioni», dichiara la parente della donna arrestata perché politicamente contraria al governo Maduro

Di Redazione |

Si aggrava la situazione di Rita Capriti, la 50enne siculo-venezuelana arrestata il 2 agosto in Venezuela per le sue posizioni politiche contrarie al governo Maduro rappresentante del “chavismo” al potere da un ventennio. Contro di lei, che fa anche la giornalista radiofonica, è stata confermata l’accusa più temuta, terrorismo, ha riferito all’Ansa una sua cugina, Maria Giovanna Sapone.«Non possiamo stare tranquilli di fronte a simili imputazioni, anche perché sono lontanissime dai principi che coltiviamo da sempre come famiglia», spiega commossa la donna, preoccupata anche per le condizioni di salute di Capriti, che è ipertesa e diabetica. «Il fatto che sia detenuta in una stanza del commissariato di Caña de Azucar, a Maracay, non ci rassicura affatto. Lì la polizia non scherza. Le ripetono continuamente che avrà un processo express, ma lo rimandano di giorno in giorno», aggiunge Sapone, precisando che a occuparsi della difesa della cugina saranno gli avvocati di Primero Justicia, il partito di opposizione di cui Capriti è vicepresidente regionale dal 2022. Nel frattempo, le autorità hanno fatto sapere che per formalizzare le accuse bisognerà attendere 40 giorni.La famiglia di Capriti, originaria di Mirto, in provincia di Messina, vive con apprensione l’evolversi delle notizie. Hanno cercato di nasconderle alla nonna paterna, di 87 anni, ma alla fine lei ha sospettato qualcosa ed ha avuto un malore. Lo stesso è accaduto al fratello, Tony. «Respingiamo fermamente le accuse a suo carico, specialmente senza capire se gli agenti che l’hanno portata via di casa avevano un mandato», ribadisce Sapone, che, nonostante tutto, dice di avere «piena fiducia nelle istituzioni e nella diplomazia». «Non è solo per Rita, ma per tutti gli altri prigionieri politici, per i diritti umani e per la libertà di espressione», conclude.

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