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Borsellino quater, Scarantino non risponde su magistrati indagati

Di Redazione |

PALERMO – «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere per ogni domanda che riguarda i magistrati». Lo ha detto il falso pentito di mafia Vincenzo Scarantino alla domanda dell’avvocato della difesa Giuseppe Seminara, sui magistrati indagati a Messina in merito alle dichiarazioni rese dal lui stesso nel processo Borsellino quater. Carmelo Peatralia e Anna Maria Palma, ex pm in servizio nel pool che indagò sulla strage di via D’Amelio, sono infatti indagati per il depistaggio dell’inchiesta sull’attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino. I reati ipotizzati sono quelli di concorso in calunnia aggravato dall’avere favorito Cosa nostra.

Un documento che attesta che Vincenzo Scarantino fu congedato dal servizio militare perché ritenuto dai medici «neurolabile» è stato inoltre prodotto questa mattina nell’ambito del processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio, che si celebra a Caltanissetta, dall’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale di Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina e Gaetano Murana, ex imputati falsamente accusati e poi scagionati e scarcerati. Secondo quanto risulta nel documento del 1986 a Scarantino venne diagnosticata una «Reattività nevrosiforme persistente in neurolabile». Di Gregorio in apertura dell’udienza ha chiesto la produzione delle sentenza per calunnia a carico dello stesso Scarantino. 

E intanto sono in corso a Roma, alla presenza dei consulenti delle parti, gli accertamenti tecnici irripetibili disposti dalla Procura di Messina su alcune cassette con le intercettazioni delle conversazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino nel periodo in cui era sotto protezione. L’avviso con l’accertamento da compiersi è stato notificato nei giorni scorsi dai pm di Messina che indagano sul depistaggio dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio a carico dei magistrati Petralia, attualmente aggiunto a Catania – da qui la competenza a indagare della Procura messinese – e Palma, in carica a Palermo come avvocato generale. Palma e Petralia erano nel pool dei pm nisseni che svolsero le indagini sull’attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino e alla scorta, indagini- ormai è accertato da sentenze- oggetto di un clamoroso depistaggio. Entrambi i magistrati rispondono di calunnia aggravata dall’avere favorito Cosa nostra. L’indirizzo impresso alle indagini, teso, secondo l’accusa, a sviare gli accertamenti dai veri responsabili dell’eccidio ha portato alla condanna all’ergastolo di sette innocenti, scarcerati e scagionati solo grazie alle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza.  

Sul depistaggio, oltre all’inchiesta messinese, è in corso a Caltanissetta un dibattimento, per lo stesso reato, a carico di tre funzionari di polizia che appartenevano al pool di investigatori che si occuparono del caso. Gli accertamenti tecnici sulle cassette, che consistono nel riversamento del loro contenuto, potrebbero distruggere le bobine che sono molto risalenti nel tempo: da qui l’esigenza di svolgere l’atto in presenza di consulenti di parte in quanto potrebbe non essere ripetibile. Oltre ai tecnici della Procura partecipano i consulenti nominati dagli indagati e dalle persone offese cioè gli accusati ingiustamente della strage. Vincenzo Scarantino, personaggio chiave del depistaggio, secondo l’accusa sarebbe stato imbeccato dagli investigatori perché ricostruisse una falsa versione della fase esecutiva dell’attentato. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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