Apertura anno giudiziario in Sicilia: a Messina avvocati senza toga per protesta

Di Redazione / 01 Febbraio 2020

Da Palermo a Catania, così come a Messina a Caltanissetta oggi è giornata di inaugurazione di anno giudiziario. Sul tappeto i temi di sempre a cominciare dalla carenza di organico e il, sempre più forte negli ultimi anni, rapporto difficile con l’Avvocatura. 

A Messina infatti gli avvocati del Distretto della Corte di Appello hanno scelto di assistere alla cerimonia senza indossare la toga, come hanno spiegato in una nota «in segno di protesta e di dissenso nei confronti di chi «non ascolta la voce dell’avvocatura sulla riforma che ha inciso sul decorso del termine di prescrizione del reato». «Oggi – prosegue la nota – il codice affida ai tempi del processo alla responsabilità della magistratura, prima inquirente e poi giudicante, ma solo un confronto reale e costruttivo con l’avvocatura avrebbe potuto consentire al Ministro di comprendere le ragioni reali della violazione delle norme sul giusto processo».

Anche a Catania alcuni legali, presenti con la toga, durante il discorso del rappresentante del ministero della Giustizia, si sono alzati in piedi ed hanno esibito con le mani alzate i testi del Codice Penale. I penalisti di Siracusa hanno lasciato il Palazzo di Giustizia per contestare la carenza dell’organico dei magistrati e del personale amministrativo nel Tribunale del capoluogo aretuseo e sottolineando anche il disagio dell’intera classe forense nei confronti della recente riforma sulla prescrizione. 

Sempre per quanto riguarda il distretto di Corte d’Appello di Catania, il presidente Giuseppe Meliadò nella sua relazione ha affermato: «Lo stato dell’amministrazione della giustizia risente di un operoso contesto e riflette una inclinazione al cambiamento, con segnali di miglioramento, specie in ordine ai tempi della durata dei processi, incoraggianti e sicuramente percepibili e che il permanere di risalenti criticità non riesce ad offuscare». «Sono pienamente convinto – aggiunge – che lo spirito di servizio dei magistrati non avrebbe prodotto analoghi risultati, se non fosse stato indirizzato in precise scelte organizzative e graduato secondo plausibili obiettivi e priorità. E non è un caso che i risultati conseguiti si siano prodotti nonostante i persistenti vuoti di organico del personale della magistratura, che continuano ad affliggere, in misura maggiore o minore, tutti gli uffici del Distretto (ed in particolare gli uffici periferici) e le carenze d’organico del personale amministrativo».
«Le innovazioni introdotte, dai progetti di modernizzazione finanziati con fondi europei, alla costituzione dell’Ufficio del Processo, ai protocolli d’intesa con l’Avvocatura – osserva il presidente della Corte d’appello di Catania – hanno costituito un antidoto alla obsolescenza dei metodi di lavoro e delle tecniche di organizzazione del processo, senza le quali l’arretramento della giustizia civile e penale avrebbe raggiunto, nel nostro distretto, livelli ben più preoccupanti». «Protocolli e intese programmatiche – rileva Meliadò – attività congiunte negli organi di gestione e azioni formative comuni, tavoli di lavoro e osservatori permanenti costituiscono, nella realtà del Distretto di Catania, ormai un reticolo prezioso di esperienze che hanno inciso profondamente sulla visione comune dei problemi della giurisdizione e hanno dato corpo a quella cultura dell’autogoverno, ben diversa dall’antica separatezza, che sostanzia la libertà delle formazioni sociali, l’autonomia dell’avvocatura e l’indipendenza della magistratura». 

«Stidda e Cosa nostra (quest’ultima suddivisa nei mandamenti di Mussomeli, Vallelunga Pratameno, Gela e Riesi) continuano a rispettare un subdolo patto di non belligeranza in un’ottica di cointeressenze illecite comuni, attuate imponendo estorsioni, sfruttando i profitti dell’usura e del traffico degli stupefacenti e accaparrandosi i settori di mercato più redditizi attraverso l’affidamento di appalti e subappalti». E’ quanto affermato dalla presidente della Corte d’Appello Maria Grazia Vagliasindi nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. “Non si può combattere la criminalità organizzata, che non è più solo siciliana, se non la si attacca su tutti i piani colpendo soprattutto il cuore degli imperi finanziari, se non se ne taglia ogni tentacolo, – ha proseguito – se non si identifica soprattutto la rete dei sostenitori, facilitatori (broker e consulenti finanziari) che ne consentono la proliferazione e la sopravvivenza. È un rischio troppo grosso l’isolamento di magistrati che, quotidianamente, con tenacia e in nome del popolo italiano, ad onta di un organico all’evidenza insufficiente, sono impegnati in questo distretto. Un rischio che lo Stato ha il dovere di scongiurare perché ha un costo troppo alto, quello umano, anche sotto il profilo di una delegittimazione mortificante da parte del personale e dell’utenza”.

Ad aprire l’anno giudiziario a Palermo è stato il presidente della corte d’appello Matteo Frasca che sta illustrando la sua relazione sullo stato della giustizia nel distretto. In rappresentanza del ministro della Giustizia partecipa il capo del Dap Francesco Basentini, mentre per il Csm è presente l’ex pm di Palermo Nino Di Matteo. Alla cerimonia assistono le massime autorità giudiziarie, come il procuratore generale Roberto Scarpinato, il procuratore della repubblica Francesco Lo Voi. Presenti in aula i vertici delle forze dell’ordine, il sindaco e il prefetto di Palermo. 

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