Catania, una città dal fascino unico, è da sempre una meta ambita per i turisti di tutto il mondo. Il turismo è, senza dubbio, una risorsa fondamentale per l’economia locale, generando reddito e offrendo opportunità di lavoro. Tuttavia, per chi vive nel cuore della città, l’evoluzione che questo fenomeno ha portato con sé non è sempre stata facile da accettare.
Amo Catania, anche se non sono catanese. Ho scelto di vivere qui, nel suo centro storico, da oltre vent’anni, innamorandomi delle sue vie, della sua gente, e della sua cultura. Ho assistito a diverse trasformazioni della città, adattandomi ogni volta con entusiasmo. Ma ora, qualcosa è cambiato. Sarà che non sono più giovanissima, ma non riesco più a riconoscere la Catania che una volta chiamavo casa.
Le botteghe che un tempo animavano le strade hanno lasciato il posto a ristoranti e locali che spesso sembrano più interessati a soddisfare i desideri dei turisti che a preservare l’autenticità del luogo. Persino la storica farmacia del quartiere, un tempo baluardo di tradizione, si è vista costretta a condividere lo spazio con un negozio di arancini per sopravvivere. Questa metamorfosi ha portato con sé non solo un cambiamento nel tessuto commerciale della città, ma anche un’alterazione della qualità della vita per i residenti.
La quotidianità è diventata una sfida. Non è più possibile arrivare a casa con facilità: il traffico è asfissiante, parcheggiare è un’impresa impossibile, e ho dovuto rinunciare alla macchina. Nessuno può accompagnare mia figlia, quando torna da scuola, in quanto tutta isola pedonale per l’intero quartiere.
Le notti sono diventate interminabili. I ristoranti, molti dei quali restano aperti ben oltre la mezzanotte, riempiono l’aria con musiche assordanti, rendendo difficile il riposo. Non si tratta di una protesta contro chi lavora, ma piuttosto di un appello a trovare un equilibrio tra la necessità di fare impresa e il diritto dei residenti a una vita serena. Non sarebbe bello poter trovare un ristorante dove poter gustare un pasto in compagnia, magari con una musica di sottofondo che non copra le voci degli amici?
A tutto questo si aggiunge il problema dei rifiuti. Le strade sono sommerse da sacchetti di immondizia, molti dei quali prodotti dalle attività commerciali e non correttamente differenziati. E mentre io faccio attenzione a separare persino una striscia di carta, mi chiedo se il mio sforzo abbia ancora senso. Pagavo le strisce blu per parcheggiare, ma ora lo spazio pubblico sembra essere stato ceduto alle attività commerciali, contribuendo a creare una città apparentemente più bella, ma sicuramente meno vivibile per chi la abita.
Il cambiamento è inevitabile, è parte della vita e della crescita di ogni città. Ma mi chiedo: è davvero questa la Catania che vogliamo? Una città dove l’autenticità viene sacrificata sull’altare del turismo di massa? Dove i residenti si sentono stranieri in casa propria?
Forse è il momento di fermarsi a riflettere, di cercare soluzioni che possano conciliare lo sviluppo economico con il rispetto della vita quotidiana dei catanesi. Perché Catania merita di più. Merita di essere una città accogliente per i turisti, ma anche vivibile per chi ha scelto di amarla ogni giorno, come me.
Enza Gambino