Il cantiere, nell'area dell'ex palazzo delle poste di viale Africa, é fermo da tanto tempo. Qualcuno può darci ragguagli in merito? Si era saputo di un ricorso presentato da chi ha impugnato il bando statale rilevandovi difetti di forma nelle procedure e soprattutto per quanto attiene il mancato rispetto, che sarebbe reiterato anche dalla nuova previsione progettuale, della destinazione a verde pubblico prescritta dal vigente PRG per l'area interessata. Si é in attesa di una sentenza del TAR chiamato a rispondere?
L'edificio che é stato demolito, per come si presentava alla vista, lo ricordo staticamente e nel complesso in ottime condizioni. Non di grande bellezza dal punto di vista architettonico, ma comunque un enorme contenitore per la cui realizzazione si era già speso un patrimonio. Quella spesa andava sicuramente salvaguardata e fatta ancora fruttare e non ridotta a scandaloso sperpero.
Non ho dubbi sulla opportunità che l'edificio andasse recuperato e destinato agli usi voluti. La smania o mania dell'usa e getta in architettura non é sostenibile. In errore, a mio avviso, é stato chi ha voluto la soppressione di un bene immobiliare, costato tantissimo alla collettività, e che alla collettività doveva continuare a offrire servizi e accoglienza. Ma in errore anche chi ha atteso quella demolizione per invocare il ripristino della legalità, secondo i dettami dello strumento urbanistico generale, ovvero per destinare l'area di risulta a verde pubblico. Perché perdere il riferimento con la realtà e non pensare che fine miserevole fanno le aree a verde consegnate alla città!? Le vicine Piazza Europa e Piazza Nettuno ne sono la dimostrazione lampante e angosciante direi, come spesso é stato segnalato a questo giornale. Si parla di verde pubblico a vanvera quando non si ha disponibilità di un apparato, umano e di attrezzature, idoneo a gestirlo. Il problema che va prima risolto é quello dell'assenza di una efficiente macchina delle manutenzioni, capace di mantenere in vita il verde e gli spazi collettivi connessi, a preservarne il decoro e a mantenere funzionanti fontane e arredi.
Se si voleva il palazzo delle poste poteva essere trasformato in uno splendido giardino verticale, certo ci sarebbero voluti tecnici creativi per proporlo, openmind documentati su quello che viene realizzato in tal senso nel mondo globalizzato (se si cerca su Internet ci si può fare una idea sull'argomento, Patrick Blanc ha prodotto mirabili esempi…).
Più che attendere che venisse demolito il palazzo delle poste, per far partire subito dopo la rivendicazione finalizzata a ristabilire la legalità, ovvero far rispettare la destinazione a verde pubblico dell'area di risulta, sarebbe stato meglio contestarla quella demolizione, per i detti motivi e per non creare quella montagna di rifiuti inerti da conferire a discarica, che é stata prodotta, con conseguente importante immissione di CO2 nell'aria per i relativi trasporti…
Sarebbe ora di dire basta, almeno per un certo periodo, alle nuove costruzioni che comportano nuova cementificazione. Si é fatto anche fin troppo. Basta aggiungere e aggiungere fabbricati ex novo. Bisognerebbe convenire che la via auspicabile per il prossimo futuro é quella del RECUPERO, fiinalizzato al riuso dei contenitori dismessi esistenti, e quella del potenziamento ed efficientamento della MANUTENZIONE per tenere in vita le attrezzature pubbliche e le opere di urbanizzazione primaria già esistenti, e di queste soprattutto le aree di verde pubblico che per difetto di gestione si trasformano in "terra di nessuno", giungla per scorribande teppistiche e indecente degrado.
Spesso si parla di verde pubblico come di un imprescindibile toccasana per il benessere della gente… e non si pensa alle aree già consegnate alla città che, per come si trasformano, diventano più luoghi da evitare che da frequentare per rigenerarsi!
Come architetto magari sarà riduttivo limitarsi a segnalare le criticità urbanistiche della propria città, ma credo sia questo che in particolar modo gli architetti dovrebbero fare. Meglio che fare filosofia sui grandi sistemi e disquisire sul nulla, con elocubrazioni cosparse di colte citazioni, senza magari mai concedersi un giro per la città per rendersi conto dei suoi problemi reali, per denunciarne il degrado e indicarne magari le soluzioni correttive, in sostanza senza spostare mai il fondoschiena dalla poltrona della scrivania da cui pontificare…
Si ha bisogno di osservatori attenti e soprattutto amanti della città, disposti a lanciare input agli amministratori, che si auspica siano sempre più capaci ad ascoltare e ad attivare rapidi interventi rigeneratori.
Adriano Sicari