CATANIA – È guerra, scontro ormai apertissimo, rapporti diretti ed indiretti e relazioni tra azienda e sindacati ridotti ai minimi termini. E termini soltanto accesi, molto accesi. Sono queste le premesse con cui oggi in Italia si arriva allo sciopero generale di tutti i lavoratori del grande gruppo Auchan, che qualche giorno fa ha annunciato il via dal 12 maggio alla procedura di mobilità per 1.500 dipendenti degli 11.422 impiegati nelle 51 sedi in Italia. Anche la Sicilia verrà colpita dai tagli decisi da Auchan: nell’Isola con Auchan lavorano sino a oggi 1.137 dipendenti, divisi nei punti vendita di Palermo, Carini, Melilli e tre in provincia di Catania. Di questi, 267 sono quelli finiti nella tagliola della imminente mobilità, 176 solo a Catania. Alla mobilità, come hanno spiegato i sindacati nelle scorse settimane, non si è arrivati all’improvviso, né è stata una sorpresa, tanto che lo sciopero di oggi era stato proclamato prima che arrivasse la comunicazione ufficiale del colosso della Gdo. Che da tempo aveva fatto sapere di avere problemi, di non potere più mantenere i livelli occupazionali, di dovere cominciare a ridurre il personale.
Finita l’era delle vacche grasse, dei consumi allegri, con l’arrivo della crisi che ha portato i cittadini a consumare meno e, forse, in maniera consapevole, ecco che s’è aperta la via della fuga. Auchan non sta sfuggendo alla regola e lo sta facendo con una grande determinazione al punto di avere deteriorato in pochi mesi anche quelle relazioni costruttive con ampi margini di negoziazione che aveva sempre mantenuto in Sicilia con i sindacati. Ma non è un problema esclusivamente legato all’Isola. Auchan ha innescato la retromarcia in tutto il territorio nazionale e, secondo le notizie che trapelano ed arrivano da Roma, i vertici del gruppo non hanno gradito affatto questo sciopero generale nazionale. Perché ha acceso i riflettori su questa operazione, su una exit strategy che Auchan avrebbe voluto senza tanto clamore. Al punto che, spiegano a Roma, ci sarebbe stato il tentativo di spaccare il fronte degli scioperanti di oggi, con trattative che l’azienda avrebbe cercato di condurre con alcune organizzazioni sindacali proprio per alleggerire la portata della protesta di oggi.
Ma l’ondata di scioperi c’è stata è ha toccato anche i punti vendita etnei: nel parcheggio dell’ipermercato di Misterbianco i lavoratori hanno indetto una manifestazione per la durata dell’intero turno di lavoro. Poi si faranno i conti per capire quanti avranno aderito, ma il quadro resta con un allarme elevatissimo rispetto alla scelta di Auchan di ridurre la sua presenza. Giustificata, dicevano i vertici del gruppo qualche settimana fa, da almeno due questioni: la prima è il calo delle vendite, provocato dalla crisi che da due anni almeno ha coinvolto pesantemente anche il settore della grande distribuzione organizzata. La seconda, invece, è collegata alla concorrenza sleale, cioè alle politiche aziendali che portano avanti imprese dello stesso settore che opererebbero con contratti non sempre regolari, formule di assunzioni che non corrisponderebbero alle norme vigenti, accordi diretti chiusi con i lavoratori, costretti dallo stato di bisogno ad accettare qualsiasi condizione pur di lavorare.
E in effetti le stesse organizzazioni di categoria, Confcommercio Sicilia in testa, negli ultimi mesi di fronte a prese di posizione di questo tipo sulla concorrenza sleale, avanzate anche dal gruppo Coop, hanno confermato che la concorrenza sleale sta diventando uno degli ostacoli maggiori al mantenimento di livelli di occupazione nel settore del commercio, oltre al fatto che ledono fortemente la dignità di lavoratrici e lavoratori costretti ad accettare condizioni capestro, spesso anche disumane. Adesso si vedrà, dopo lo sciopero di oggi, se sarà possibile per i sindacati rivedere Auchan ad un tavolo di trattativa per riaprire il discorso su questi posti che stanno per evaporare.
E il gruppo francese difende il suo piano. Ma è anche Auchan, con una modalità insolita, a intervenire in questa giornata con un lungo comunicato per difendere il piano di rilancio e smentire le voci di fuga dall’Italia. Serve ritornare in utile per salvare almeno 10 mila posti di lavoro, è il messaggio che lancia in estrema sintesi il presidente e Ad, Patrick Espasa. «Il nostro piano di intervento deve essere strutturale e profondo per ritrovare la nostra leadership e l’utile netto positivo al più presto, entro il 2017. Credo al rilancio dell’Italia, terzo paese in Europa e 11° più ricco al mondo, e anche al potenziale del Sud dove è presente la metà dei nostri ipermercati, e intendo salvare 10.000 posti di lavoro e partecipare allo sviluppo del Paese», ha spiegato ricordando come il giro d’affari della società si sia ridotto da 3,2 miliardi di euro del 2010 a circa 2,6 miliardi del 2014 anno in cui le perdite hanno registrato quota 112 milioni.