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Sugar e plastic tax, trema il settore bibite in Sicilia: a rischio il 55% degli occupati

Di Mario Barresi |

CATANIA – Ha un curriculum da manager globalizzato, ma il suo accento “padano” tradisce un pragmatismo ben più potente della liscìa con cui sotto il Vulcano si affrontano anche le situazioni più drammatiche. E così Luca Busi, amministratore delegato di Sibeg, azienda siciliana che imbottiglia bevande a marchio Coca-Cola, ha fatto un paio di conti. Quale sarà, per la sua azienda, l’effetto combinato dei due provvedimenti – la tassazione sugli imballaggi in plastica e quella sullo zucchero contenuto in bevande e soft drink – inseriti nella Manovra in discussione in Parlamento?

Ecco il risultato: «l’impatto della sugar tax sarebbe di 13,7 milioni di euro, mentre quello della plastic tax di 3 milioni, per un totale di 16,7 milioni. Le tasse, che determinerebbero un fisiologico aumento dei prezzi, influirebbero anche sulla perdita di volumi, incidendo negativamente sull’intero fatturato: abbiamo stimato, dati alla mano, una perdita in bilancio di 31 milioni di euro sui volumi di un anno, ovvero un calo del 27% del fatturato che passerebbe da attuali 115 a 84 milioni. Numeri che costringerebbero a una riduzione drastica delle risorse umane, che si attesterebbe intorno al 55%, ovvero 185 dipendenti».

Un ricatto consumato sulla pelle dei dipendenti? No, secondo il manager catanese, che dichiara guerra a «due provvedimenti che non hanno finalità ambientali ma che rappresentano unicamente un’imposizione diretta con l’obiettivo di far cassa e recuperare risorse con ingenti costi a carico di consumatori, lavoratori e imprese».

In Sicilia – secondo uno studio del Dipartimento di Economia e impresa dell’Università di Catania – le aziende produttrici di bevande fatturano quasi il 10% del totale di tutte le aziende italiane del settore beverage. L’analisi è del 2013, ma la stima – nonostante la crisi dei consumi nel Mezzogiorno – non si dovrebbe discostare molto da quelle attuale. Che descrive, a livello nazionale, un comparto che, secondo i dati di Assobibe-Confindustria, ha un peso di 4,9 miliardi di valore aggiunto, di cui 800 milioni generati dalle imprese di produzione, 1,1 miliardi dalle imprese che forniscono materie prime al settore e 3 miliardi dalle fasi di commercializzazioni di prodotti finiti. Nel settore operano 80 aziende con 100 stabilimenti che in tutt’Italia producono e commercializzano bibite gassate, apertivi analcolici, energy e sport drink, the pronto, con presenza concentrata nel Nord-Ovest (42%), seguito dal Nord Est (28%), Sud e Isole (16%) e Centro (11%). Gli occupati complessivi sono 80mila e ogni posto di lavoro diretto nella produzione ne ha creati 14 nell’indotto.

Sibeg è il “top player” regionale, ma nell’Isola ci sono altre realtà importanti, legate a marchi storici come la modicana Polara (presente dal 1953) e l’acese Tomarchio (che l’anno prossimo festeggerà un secolo di attività), danneggiate ancor di più di un’azienda che ha alle spalle un colosso come Coca-Cola. «Sapevate che in Italia il consumo pro-capite delle bevande è il più basso in Europa e allo stesso tempo il tasso di obesità italiano è quello più alto?», sbotta Busi per ribellarsi alla matrice delle tasse “verdi”: «Se la parola “green” diventa sinonimo di tasse e balzelli, allora le aziende rischiano davvero di essere messe al muro compromettendo lo stato di salute dell’economia. La declinazione della filosofia “green” dev’essere quella degli incentivi, dei sostegni alle industrie, delle misure che non penalizzano i consumi ma i comportamenti».

L’ad di Sibeg è scoraggiato. Ma battagliero. «Non possiamo consentire che avvenga questo disastro. Faremo di tutto per opporci, anche portando la legge, che è senza dubbio illegittima, davanti alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Ue, per contestare una discriminazione di tutte le aziende di acqua e bibite che hanno un grande impatto sull’economia italiana e soprattutto su quella siciliana».

Twitter: @MarioBarresi

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